MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E
CONTROLLO AI SENSI D.LGS. 231/2001
Approvato dal Consiglio di Amministrazione il 02/01/2015
EDIZIONE 01 del 02.01.2015 REVISIONE 00 Prima emissione
1.1. Cenni storici
Nel novembre del 1940, nella ex casa del Sig. Balini in via Vittorio Emanuele, é sorta la “Piccola Opera”, ospitante una ventina di ragazze bisognose.
Quando il vecchio ricovero dietro l’Ospedale Briolini fu chiuso e gli anziani furono collocati
nei reparti dell’ospedale, la parrocchia progettò nel 1959 un’opera assistenziale finalizzata alle donne anziane sole, di qualsiasi estrazione sociale, con precedenza a quelle di Gazzaniga.
Alla fine del 1963 la struttura era completa.
La costruzione principale, terminata nel 1963, detta Casa S. Giuseppe, sorse sull’ex terreno
Maffeis dato alla parrocchia. Una seconda costruzione, la Domus Mariae, fu ricavata demolendo due casette, ex proprietà ingegner Tacchini di Bergamo e famiglia Castelli di Gazzaniga, lungo la via Tonale, acquistate dalla parrocchia.
L’attività della Casa di Riposo iniziò nel 1964.
Dal 1970 al 1973 si effettuarono lavori per il sopralzo, per ricavare più locali, per gli impianti
di riscaldamento, di illuminazione e venne completato l’arredamento.
Nel 1986 si realizzò la sistemazione dei locali e le attrezzature per i non autosufficienti, usufruendo pure di finanziamenti regionali.
Dal 1980 la Casa S. Giuseppe è retta da un Consiglio di Amministrazione, formato da volontari, presieduto dal Parroco e composto da altri quattro membri che curano rispettivamente i
problemi tecnici, i rapporti col personale, i rapporti amministrativi e l’assistenza generale ed è
regolata da un proprio statuto.
Il 25/05/1998 con autorizzazione n. 487 venne riconosciuta dalla Provincia, accreditata dalla
Regione Lombardia e trasformata in R.S.A.
Nel 2011 la Casa di Riposo S. Giuseppe ha subito una radicale trasformazione a conclusione
della quale è stata rilasciata l’autorizzazione definitiva al funzionamento.
Nel 2013 la Parrocchia di S. Maria Assunta e S. Ippolito Martire ha fondato la Fondazione
Casa S. Giuseppe e nel 2014 la stessa Parrocchia ha donato alla Fondazione la proprietà, a
decorrere dal 1° gennaio 2015, del ramo d’azienda adibito all’attività casa di riposo.
1.2. La
La (di seguito anche la “Fondazione”) non ha scopo di
lucro e persegue esclusivamente fini di solidarietà e di pubblica utilità nei settori
dell’assistenza sociale e socio sanitaria.
La Fondazione si propone di curare la salute e provvedere all’assistenza materiale e psicologica degli anziani e, più in generale, delle persone in situazioni di svantaggio e fragilità, a causa
delle proprie condizioni di malattia, disabilità, solitudine, abbandono o disagio economico,
senza operare distinzioni di origine etnica, cultura, religione, sesso, condizione economica e
sociale, anche mediante la gestione di apposite strutture aventi il medesimo fine.
Promuove il rispetto della persona nella sua globalità, della libertà individuale e
dell’autonomia degli ospiti, favorendo le relazioni interpersonali, quelle con la famiglia e con
la comunità locale.
Al fine di raggiungere la propria missione, la Fondazione opera con competenza,
professionalità, umanità, capacità d’innovazione e appropriatezza ai bisogni socio sanitari dei
Residenti.
Particolare attenzione è data alla qualità del rapporto umano che è il valore aggiunto che la
Fondazione offre ad integrazione della ricerca del miglioramento continuo della qualità del
servizio di assistenza in senso stretto. La centralità del Residente è la filosofia che anima il
lavoro di ogni persona che, a qualsiasi titolo, presta la propria opera all’interno della
Fondazione.
1.3. Organi Istituzionali
La gestione della Fondazione è autonoma e fa capo al Consiglio di Amministrazione. Per far
fronte alle spese di gestione ordinaria il Consiglio si avvale delle rette di ricovero, dei proventi patrimoniali derivanti dai beni di proprietà, dalle donazioni di enti e privati, dai contributi
della Regione Lombardia e del Sistema Sanitario Regionale e per le spese straordinarie si avvale del contributo della Parrocchia.
Al Consiglio di Amministrazione spettano tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione e di vigilanza sul regolare funzionamento gestionale.
2. LA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI
2.1. Il regime giuridico della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle
società e delle associazioni
La responsabilità in sede penale degli enti, correlata a quella della persona fisica che ha
materialmente compiuto un fatto illecito, è stata introdotta nell’ordinamento italiano dal
Decreto Legislativo 231/2001 (di seguito anche “Decreto” o “D.Lgs. 231/2001”) “Disciplina
della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle
associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della l. 29 settembre
2000, n.300”, adeguando la legislazione italiana a convenzioni internazionali già sottoscritte
tra cui la Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995, sulla tutela degli interessi finanziari
della Comunità Europea, la Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997, sulla lotta alla
corruzione di funzionari pubblici sia della Comunità Europea sia degli Stati Membri, e alla
Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali
stranieri nelle operazioni economiche internazionali.
I presupposti che consentono di collegare oggettivamente il reato all’Ente, affermandone la
responsabilità sono:
1) gli autori del reato ricoprono una determinata posizione nell’ambito dell’Ente;
2) il reato sia compiuto nell’interesse o a vantaggio dell’Ente;
3) il reato sia compreso tra quelli previsti dal D.Lgs. 231/2001.
2.2. I soggetti destinatari della norma
L’art. 5 del D.Lgs. 231/2001 individua i soggetti che, agendo in nome e per conto dell’Ente,
commettono un reato nell’interesse o a vantaggio dello stesso Ente e ne determinano la
responsabilità:
a) Soggetti apicali: “persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione
o di direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria
e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo
dello stesso”. Possono essere considerati apicali i componenti del Consiglio di
Amministrazione ed il suo Presidente, il Direttore Generale, il Direttore Sanitario ed i
Responsabili delle funzioni di maggior rilevanza, sia legati alla Fondazione da contratto
di lavoro subordinato sia da altri rapporti di natura privatistica (es: contratto di libera
professione);
b) Soggetti subordinati: “persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei
soggetti di cui alla lettera a)”. Possono essere considerati subordinati i lavoratori
dipendenti, i tirocinanti, tutti coloro che, a qualsiasi titolo, devono eseguire le direttive dei
soggetti di cui al punto a) o sono soggetti a vigilanza da parte degli stessi.
La responsabilità dell’Ente sussiste anche se l’autore del reato non è identificato ma è
sicuramente uno dei soggetti individuati dall’art. 5 del Decreto.
2.3. I reati previsti dal D.Lgs. 231/2001
A. Art. 24: Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un Ente
pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno
dello Stato o di un Ente pubblico;
B. Art. 24 bis: Delitti informatici e trattamento illecito di dati;
C. Art. 24 ter: Delitti di criminalità organizzata;
D. Art. 25: Concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione;
E. Art. 25 bis: Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti
o segni di riconoscimento;
F. Art. 25 bis 1: Delitti contro l’industria e il commercio;
G. Art. 25 ter: Reati societari;
H. Art. 25 quater: Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico;
I. Art. 25 quater 1: Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
J. Art. 25 quinquies: Delitti contro la personalità individuale (riduzione o mantenimento in
schiavitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi);
K. Art. 25 sexies: Abusi di mercato,
L. Art. 25 septies: Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione
delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
M. Art. 25 octies: Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza
illecita;
N. Art. 25 novies: Delitti in violazione del diritto d’autore;
O. Art. 25 decies: Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci
all’autorità giudiziaria;
P. Art. 25 unedecies: Reati ambientali;
Q. Art. 25 duodecies: Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Reati transnazionali: inseriti per effetto della ratifica della legge 16 marzo 2006 n. 146
“Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il
crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea Generale il 15 novembre 2000
ed il 31 maggio 2001”. Si definisce reato transnazionale il reato in cui sia coinvolto un
gruppo criminale organizzato e che:
· sia commesso in più di uno Stato;
· ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione,
pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato;
· ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale
organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato;
· ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.
Il Legislatore potrà in futuro prevedere altri reati che si aggiungeranno a quelli sopra descritti,
come avvenuto con l’inserimento dell’art. 25 duodecies, introdotto con D.Lgs. 109/2012
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 172 del 25 luglio 2012.
2.4. Le sanzioni
Le sanzioni previste dal Decreto (art. 9), per il compimento d’illeciti amministrativi
dipendenti da reato, sono:
1. Sanzioni pecuniarie (artt. 10 – 12): si applicano sempre, per ogni tipologia d’illecito e
sono calcolate su quote, del valore minimo di 258 euro e massimo di 1.549 euro,
applicabili per un numero non inferiore a cento né superiore a mille; l’importo di ogni
quota è stabilito dal giudice tenendo in considerazione le condizioni patrimoniali ed
economiche dell’Ente, la gravità del fatto, il grado di responsabilità, l’attività svolta
dall’Ente per eliminare o attenuare le conseguenze dell’illecito, le misure di prevenzione
di ulteriori illeciti.
2. Sanzioni interdittive (artt. 13 – 17): limitano o condizionano l’attività dell’Ente, nei casi
più gravi possono arrivare all’interdizione dell’esercizio dell’attività, anche al fine di
prevenire la commissione di altri reati. Si applicano solo nei casi in cui ricorre almeno
una delle seguenti condizioni:
· l’Ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed il reato è stato commesso da
soggetti in posizione apicale o da soggetti sottoposti all’altrui direzione e, in questo
caso, la commissione del reato sia stata determinata o facilitata da gravi carenze
organizzative;
· in caso di reiterazione degli illeciti.
Le sanzioni interdittive hanno durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni
o, nelle situazioni più gravi (art. 16), sono applicate in via definitiva.
Il Decreto prevede, inoltre, l’applicazione in via cautelare delle sanzioni interdittive
quando sussistono gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell’Ente e/o
elementi che facciano ritenere possibile il ripetersi di illeciti della stessa natura di quello
sanzionato.
Le sanzioni interdittive prevedono:
1) interdizione dell’esercizio dell’attività;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla
commissione dell’illecito;
3) divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le
prestazioni di un pubblico servizio, divieto che può essere limitato a determinati tipi
di contratto o determinate amministrazioni;
4) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di
quelli concessi;
5) divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Nel caso sussistano particolari presupposti, il giudice può nominare un commissario per la prosecuzione dell’attività dell’Ente, in alternativa all’applicazione della sanzione, per il
periodo pari alla durata della pena interdittiva.
3. Pubblicazione della sentenza (art. 18): quando all’Ente è comminata una sanzione
interdittiva, il giudice può disporre la pubblicazione della sentenza (per estratto o per
intero), su uno o più giornali a sua scelta (a spese dell’Ente) nonché mediante
l’affissione nel comune nel quale l’Ente ha la sede principale. La pubblicazione è
eseguita dalla cancelleria del giudice.
4. Confisca (art. 19): ha per oggetto il prezzo o il profitto del reato, salvo per la parte che
può essere restituita al danneggiato.
Per evitare che l’Ente sfrutti a proprio vantaggio e a fini di lucro il frutto di
comportamenti illeciti, è una sanzione autonoma ed obbligatoria che si applica con la
sentenza di condanna nei confronti dell’Ente.
Il giudice può inoltre disporre:
· il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca;
· il sequestro conservativo di beni mobili e immobili dell’Ente, qualora vi sia
fondato motivo per ritenere che manchino o possano essere disperse le garanzie
per il pagamento della sanzione pecuniaria, per le spese del procedimento o di
altre somme dovute allo Stato.
2.5. L’esimente
Gli artt. 6 e 7 del D.Lgs. 231/2001 prevedono l’esenzione dell’Ente dalla responsabilità
amministrativa in determinate circostanze.
In particolare, all’art. 6 il Decreto prevede che l’Ente non risponde per reati commessi da
soggetti apicali se prova che:
· l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato modelli di organizzazione e
gestione idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi, prima della
commissione degli stessi;
· è stato nominato un organismo dell’Ente (Organismo di Vigilanza, di seguito anche
“OdV”) dotato di autonomi poteri d’iniziativa e di controllo con il compito di vigilare
sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e di curarne l’aggiornamento;
· chi ha commesso il reato ha agito eludendo fraudolentemente i modelli di
organizzazione e gestione adottati;
· non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza.
Le caratteristiche per la costruzione di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo
(di seguito anche “Modello” o “Modello Organizzativo”) sono specificate all’art. 6 comma 2
del D.Lgs. 213/2001. Il Modello deve:
1) identificare i rischi ed individuare le aree/settori di attività ove esista la possibilità di
commettere i reati previsti dal Decreto; si deve quindi procedere ad una mappatura dei
rischi, analizzando il contesto aziendale in modo da evidenziare le aree a rischio di
commissione di reato e le modalità di possibile commissione dei reati stessi;
2) prevedere specifici protocolli e procedure diretti a formare ed attuare le decisioni
dell’Ente in relazione alla prevenzione dei reati, valutando il sistema di controllo
interno e, se è il caso, modificandolo per migliorarne la capacità di contrastare o
ridurre efficacemente i rischi individuati;
3) individuare le modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la
commissione dei reati;
4) prevedere un sistema d’informazione obbligatoria nei confronti dell’OdV;
5) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto del Modello.
In caso di reati commessi da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei
soggetti apicali, secondo l’art. 7 del Decreto, l’Ente, è responsabile se la commissione del
reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
Qualora, prima della commissione del reato l’Ente avesse adottato ed efficacemente attuato un
Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo alla prevenzione del reato
commesso, è esclusa ai sensi del comma 2 dell’art. 7 l’inosservanza degli obblighi di
direzione e vigilanza.
2.6. Efficacia del modello con riferimento ai reati colposi in materia di salute e sicurezza
sul lavoro
L’art. 30 del D.Lgs. 81/08 definisce che “il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad
avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle
società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8
giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema
aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti,
luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione
conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli
appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni
di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori:
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.”
Il Modello Organizzativo, sempre secondo l’art. 30 del D.Lgs. 81/08, deve “prevedere idonei
sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività” elencate precedentemente.
“Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e
dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che
assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e
controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto
delle misure indicate nel modello.
Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione
del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure
adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati,
quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli
infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e
nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendali definiti conformemente
alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro
(SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OSHAS 18001:2007 si presumono
conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti.”
2.7. Le linee guida
Il D.Lgs. 231/2001 prevede che le aziende possano adottare modelli organizzativi sulla base
di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative di categoria, comunicati
al Ministero della Giustizia. Tali modelli denominati Linee Guida hanno carattere generale e
possono essere seguiti integralmente o adattati alle diverse realtà aziendali.
Nella redazione del modello organizzativo, la Fondazione si è ispirata sia alle Linee Guida di
Confindustria sia a quelle elaborate dall’A.I.O.P. (Associazione Italiana Ospedalità Privata).
Linee guida dell’A.I.O.P.
L‘A.I.O.P. prevede, al riguardo, che al fine di poter redigere un modello “che sia in grado
di prevenire i reati di cui al D.Lgs. n. 231/2001”, è opportuno tenere in evidenza e seguire
con attenzione i principi individuati dalle Linee Guida, che rispondono ad esigenze
ben precise:
· individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, operando
le opportune distinzioni tra reati “peculiari” della gestione ospedaliera pubblica e privata e reati “comuni” a qualunque gestione aziendale e societaria;
· realizzare una mappatura aziendale, raffigurante il sistema organizzativo gestionale per la rilevazione delle aree a rischio di reati “peculiari”. In relazione agli
specifici settori di attività individuati, stabilire procedure e sistemi di controllo atti ad
impedire la commissione di reati;
· per quanto concerne i reati “comuni”, affermare nei modelli organizzativi una scelta di
legalità generale alla quale si vuole ispirata la politica dell’azienda e ricordare l’obbligo di probità e correttezza per tutti coloro che prestano a qualunque titolo la loro opera
in una istituzione sanitaria privata;
· per quanto concerne entrambe le categorie (reati “peculiari” e “comuni”), evidenziare
che l’Istituzione sanitaria privata si riserva di agire nelle sedi opportune contro chiunque abbia commesso, a qualsiasi titolo, reati nel contesto dell’attività aziendale;
· individuare regole di comportamento che dovranno essere seguite da tutti i soggetti interessati senza distinzione e senza eccezione. Le eventuali eccezioni a tali regole e
ad ogni altra contenuta nel regolamento dell’Istituzione sanitaria privata, nel mansionario o negli ordini di servizio e similari, ritenute indispensabili per la necessità
di evitare un danno all’ammalato, dovranno, in ogni modo, essere ampiamente documentate;
· suddividere in fasi ogni procedura amministrativa e sanitaria. Prevedere che più
fasi della medesima procedura siano affidate a soggetti diversi e, al contempo, evitare
che l’eccessiva frammentazione produca deresponsabilizzazione con conseguente difficoltà di individuazione del soggetto responsabile;
· evidenziare tutte le attività che prevedano un contatto diretto con la Pubblica Amministrazione, in particolare laddove questa sia deputata all’esercizio di poteri di vigilanza
e controllo.
Da una parte, il personale dovrà curare autonomamente l’aggiornamento circa la normativa vigente, dall’altra l’azienda controllerà la costante formazione del personale nel
senso delineato;
· prevedere per le Istituzioni sanitarie private con gestione in tutto o in parte informatizzata, disposizioni specifiche per la prevenzione dei reati commessi nell’utilizzo di tali procedure;
· introdurre “un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”. A tal fine, il modello organizzativo predisposto dovrà
essere pubblicizzato e reso conoscibile a tutti coloro che operano nella struttura, anche
mediante l’affissione nella bacheca e comunicato, a mezzo raccomandata a.r., alle organizzazioni sindacali firmatarie dei C.C.N.L. (Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro);
· il sistema disciplinare deve essere attuato sia nei confronti dei “soggetti sottoposti all’altrui direzione”, sia di quelli “in posizione apicale”. La violazione di qualunque regola di condotta prevista nel modello da parte dei dipendenti è equiparata
alle violazioni considerate dal C.C.N.L. e ad essa applicata quella procedura e le relative sanzioni;
· per quanto riguarda i collaboratori ed i liberi professionisti è necessario prevedere
che nel relativo contratto, individuale o in integrazioni allo stesso, sia contenuta l’indicazione dei casi di violazione del modello e dei relativi provvedimenti da adottarsi.
Per ciò che concerne le violazioni del modello organizzativo da parte degli amministratori, si consiglia di prevedere anche la decadenza dalla carica e da qualsiasi diritto
anche economico;
· l’Istituzione sanitaria privata, una volta ricevuta la comunicazione da parte dell’Organismo di Vigilanza della violazione del modello, deve avviare immediatamente il procedimento disciplinare ed irrogare la sanzione opportuna;
· per quel che concerne l’attività espletata dal personale in rapporto libero-professionale
bisogna distinguere tra soggetti inseriti in organico e soggetti che operano fuori organico, occasionalmente, in discipline autorizzate ma non accreditate;
· i medici liberi professionisti inseriti in organico possono agire “nell’interesse o a vantaggio” dell’Istituzione sanitaria privata e commettere, pertanto, reati.
Svolgendo attività giuridicamente classificate come coordinate e continuative, devono
essere positivamente considerati ai sensi del D.Lgs. 231/2001 e, di conseguenza,
espressamente contemplati nel modello di organizzazione, che sarà attuato anche nei
loro confronti. Si dovranno prevedere espressamente nel contratto, individuale o integrazioni allo stesso, le forme di accertamento delle violazioni e stabilire quali violazioni del modello organizzativo, per la loro gravità, comportano la risoluzione immediata del rapporto.
Le linee guida tracciate dall’A.I.O.P. suggeriscono anche l’adozione di alcune accortezze nella
formazione dell’organismo deputato alla vigilanza sul rispetto del modello di organizzazione.
In particolare:
· l’Organismo di Vigilanza dovrebbe essere coadiuvato da un dirigente dell’Istituzione
sanitaria privata, esperto e responsabile della gestione informatizzata dei vari servizi
amministrativi e sanitari, e da un professionista (di chiara fama nella zona e di riconosciuta onorabilità) che di diritto assuma le funzioni di coordinatore;
· prevedere l’erogazione di un fondo, a disposizione dell’Organismo di Vigilanza, sufficiente a consentire allo stesso lo svolgimento dei compiti che il D.Lgs. n. 231/2001 gli
assegna;
· prevedere che l’Organismo di Vigilanza sia messo nella condizione di avere un flusso
costante di informazioni ad ogni livello e settore dell’Istituzione;
· l’Istituzione sanitaria dovrà prevedere un canale riservato di comunicazione interna tra
dipendenti e l’Organismo di Vigilanza;
· in considerazione del fatto che l’organizzazione informatizzata sembra costituire lo
strumento più efficace di rilevazione di anomalie ed illeciti, prevedere nel modello la
figura di un soggetto con competenza ed esperienza nel settore quale componente dell’
Organismo di Vigilanza, ovvero quale consulente esterno.
Linee guida di Confindustria
In sintesi le Linee Guida di Confindustria suggeriscono di:
· mappare le aree aziendali a rischio e le attività nel cui ambito potenzialmente possono
essere commessi i reati presupposto mediante specifiche modalità operative;
· individuare e predisporre specifici protocolli diretti a programmare la formazione e
l’attuazione delle decisioni della società in relazione ai reati da prevenire, distinguendo tra protocolli preventivi con riferimento ai delitti dolosi e colposi;
· individuare un Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e dotato di adeguato budget;
· individuare specifici obblighi informativi nei confronti dell’Organismo di Vigilanza
sui principali fatti aziendali ed in particolare sulle attività a rischio e specifici obblighi
informativi da parte dell’ Organismo di Vigilanza verso i vertici aziendali e gli organi
di controllo;
· adottare un Codice Etico che individui i principi dell’azienda e orienti i comportamenti dei destinatari del modello;
· adottare un sistema disciplinare, idoneo a sanzionare il mancato rispetto dei principi
indicati nel modello.
3. IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DELLA
Il Modello Organizzativo della è redatto al fine di
integrare gli strumenti organizzativi necessari alla Fondazione per contrastare efficacemente il
rischio di commissione dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001.
3.1. La costruzione del Modello Organizzativo
Le attività di progettazione del Modello sono state svolte con la piena collaborazione del
Direttore Generale, dei Direttori e dei Responsabili delle diverse funzioni, dietro il diretto
controllo del Presidente del Consiglio di Amministrazione, attraverso la condivisione di ogni
contenuto inserito nel Modello.
Le fasi di elaborazione del modello possono essere così riassunte:
· individuazione delle aree a rischio, attraverso l’analisi di tutte le attività svolte da ogni
area (area sanitaria, amministrativa, servizi, ecc…), e delle misure di controllo adottate
a presidio dei rischi di reato identificati;
· studio e realizzazione degli interventi ritenuti necessari per la riduzione dei rischi di
compimento di reati, anche attraverso il miglioramento del sistema di gestione e di
controllo interno, mediante l’adozione di nuovi protocolli e procedure e
l’implementazione di quelli esistenti;
· nomina di un Organismo di Vigilanza, dotato dei requisiti di indipendenza, autonomia,
professionalità, con il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del
Modello e di curarne l’aggiornamento.
I principi seguiti per l’elaborazione del Modello sono:
· verificabilità e documentabilità di ogni operazione rilevante ai fini del D.Lgs.
231/2001;
· rispetto del principio di separazione delle funzioni;
· definizione di poteri autorizzativi coerenti con le responsabilità assegnate;
· istituzione di appositi presidi preventivi, specifici per le attività ed i rischi connessi,
volti a prevenire la commissione delle diverse tipologie di reati previsti;
· attribuzione ad un Organismo di Vigilanza del compito di promuovere l’attuazione
efficace e corretta del Modello, anche attraverso il monitoraggio dei comportamenti
aziendali ed il diritto all’informazione costante sulle attività rilevanti ai fini del D.Lgs.
231/2001;
· comunicazione delle informazioni rilevanti all’OdV;
· messa a disposizione all’Organismo di Vigilanza di risorse adeguate a supportarlo nei
compiti affidati;
· attività di verifica del funzionamento del Modello ed aggiornamento dello stesso,
periodico o al bisogno;
· attività di sensibilizzazione e diffusione a tutti i livelli aziendali delle regole definite.
La predisposizione del presente Modello Organizzativo è stata preceduta da una serie di
attività preparatorie, suddivise in differenti fasi e dirette tutte alla costruzione di un sistema di
prevenzione e gestione dei rischi, in linea con le disposizioni del D.Lgs. 231/2001 ed ispirate,
oltre che alle norme in esso contenute, anche alle Linee Guida.
Si descrivono qui di seguito brevemente le fasi in cui si è articolato il lavoro d’individuazione
delle aree a rischio, sulle cui basi si è poi dato luogo alla predisposizione del presente
Modello.
“As-is analysis”:
L’identificazione dei “processi sensibili” è stata attuata attraverso il previo esame della
documentazione aziendale (principali procedure in essere, organigrammi, ecc…) ed una serie
di interviste con i soggetti chiave nell’ambito della struttura, mirate all’individuazione e
comprensione dei “processi sensibili” e dei sistemi e procedure di controllo già adottati in
relazione ai medesimi.
Obiettivo di questa fase è stata l’analisi del contesto aziendale, al fine di identificare in quale
area/settore di attività e secondo quale modalità vi sia la potenziale possibilità di commettere i
reati.
L’analisi è stata condotta principalmente su tutte le attività che prevedono un
contatto/interazione tra risorse “aziendali” e soggetti qualificabili come Pubblici Ufficiali o
incaricati del Pubblico Servizio, nonché sulle attività sociali capaci di influire sulla
commissione dei reati societari assoggettabili alle sanzioni di cui al D.Lgs. 231/2001.
“Gap analysis”:
Sulla base dei “processi sensibili” individuati (procedure e controlli già in essere), nonché
delle previsioni e finalità del D.Lgs. 231/2001, si sono individuate le azioni di miglioramento
delle attuali procedure interne e dei requisiti organizzativi essenziali per la definizione di un
Modello “specifico” di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001.
Definizione dei protocolli:
Per ciascuna delle aree ritenute a rischio sono stati definiti protocolli contenenti la disciplina
più idonea a governare il profilo di rischio individuato.
I protocolli hanno lo scopo di documentare e rendere verificabili le varie fasi dei processi;
ogni protocollo definito dovrà essere reperibile e facilmente consultabile da tutti i soggetti che
si trovino ad operare in un’area a rischio.
3.2. La struttura del Modello
Il presente Modello è costituito da una “Parte Generale” e da singole “Parti Speciali”
predisposte per le diverse categorie di reato contemplate nel D.Lgs. 231/2001 ed attinenti
all’attività della Fondazione.
La Parte Generale illustra:
· il concetto giuridico di responsabilità amministrativa degli enti, le finalità ed i
contenuti del D.Lgs. 231/2001 e delle principali norme di riferimento;
· il contenuto del Modello, i suoi destinatari, il rapporto con il Codice Etico;
· le caratteristiche ed il funzionamento dell’Organismo di Vigilanza;
· l’attività di formazione ed informazione delle risorse umane;
· il sistema disciplinare e sanzionatorio;
· le verifiche sull’adeguatezza del Modello.
Le Parti Speciali del Modello sono strutturate in maniera da esplicitare:
· i destinatari della Parte Speciale;
· la descrizione dei reati affrontati nel documento;
· i processi sensibili della struttura, riferiti ai reati in oggetto;
· i principi di riferimento generali;
· i principi di riferimento relativi ai reati in oggetto.
a. La prima Parte Speciale (PS01) è denominata “Reati contro la Pubblica
Amministrazione” e trova applicazione per le tipologie specifiche di reati previste ai
sensi degli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 231/2001;
b. La seconda parte speciale (PS02) è denominata “Reati di induzione a non rendere o a
rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria” e trova applicazione per le
tipologie specifiche di reati previste ai sensi degli art. 25 decies del D.Lgs. 231/2001;
c. La terza Parte Speciale (PS03) è denominata “Reati Societari” e si applica per le
tipologie specifiche di reati previste ai sensi dell’art. 25 ter del D.Lgs. 231/2001;
d. La quarta Parte Speciale (PS04) è denominata “Reati contro la personalità individuale”
e si applica per le tipologie specifiche di reati previste ai sensi dell’art. 25 quinquies e
25 duodecies del D.Lgs. 231/2001;
e. La quinta Parte Speciale (PS05) è denominata “Reati in materia di tutela della
sicurezza e salute dei lavoratori” e si applica per le tipologie specifiche di reati previsti
ai sensi dell’art. 25 septies del D.Lgs. 231/2001;
f. La sesta Parte Speciale (PS06) è denominata “Delitti informatici e trattamento illecito
di dati” e si applica per le tipologie specifiche di reati previste ai sensi dell’art. 24 bis
del D.Lgs. 231/2001;
g. La settima Parte Speciale (PS07) è denominata “Reati ambientali” e si applica per le
tipologie specifiche di reati previste ai sensi dell’art. 25 undecies del D.Lgs. 231/2001;
h. L’ottava Parte Speciale (PS08) è denominata “Reati contro la donna” e si applica per
la tipologia specifica di reato prevista dall’art. 25 quater 1 del D.Lgs. 231/2001.
A seguito delle analisi effettuate non sono state evidenziate aree di rischio di commissione dei
seguenti reati (per la prevenzione dei quali si richiama all’osservanza del Codice Etico):
· falso nummario;
· finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico;
· abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato;
· inerenti il crimine organizzato;
· contro l’industria ed il commercio;
· in materia di violazione del diritto di autore;
· transnazionali.
3.3. La funzione del Modello
L’adozione e l’efficace attuazione del Modello non solo consente alla Fondazione di
beneficiare dell’esimente prevista dal D.Lgs. 231/2001, ma migliora, nei limiti previsti dallo
stesso, la sua corporate governance, limitando il rischio di commissione dei reati.
Scopo del Modello è la predisposizione di un sistema strutturato ed organico di procedure ed
attività di controllo (preventivo ed ex post) che abbia come obiettivo la riduzione del rischio
di commissione dei reati mediante l’individuazione dei “processi sensibili” e la loro
conseguente standardizzazione in procedure.
I principi contenuti nel presente Modello Organizzativo devono condurre, da un lato, a
determinare una piena consapevolezza del potenziale autore del reato di commettere un
illecito (la cui commissione è fortemente condannata e contraria agli interessi della
Fondazione, anche quando apparentemente essa potrebbe trarne un vantaggio), dall’altro,
grazie ad un monitoraggio costante dell’attività, a consentire alla Fondazione di reagire
tempestivamente nel prevenire od impedire la commissione del reato stesso.
Tra le finalità del Modello vi è, quindi, quella di sviluppare la consapevolezza nei dipendenti
e medici, organi sociali, consulenti e partner, che operano per conto o nell’interesse della
Fondazione nell’ambito dei “processi sensibili” di poter incorrere – in caso di comportamenti
non conformi alle norme e procedure aziendali (oltre che alla legge) – in illeciti passibili di
conseguenze penalmente rilevanti non solo per se stessi, ma anche per la Fondazione.
Inoltre, s’intende censurare fattivamente ogni comportamento illecito, attraverso la costante
attività dell’OdV, sull’operato delle persone rispetto ai “processi sensibili” e comminare le
opportune sanzioni disciplinari o contrattuali.
3.4. Il rapporto tra Modello Organizzativo e Codice Etico
I principi e le regole di comportamento del Modello Organizzativo s’integrano con quanto
espresso nel Codice Etico della Fondazione, che prevede l’obbligo di conformarsi ai principi
sanciti dallo stesso, per amministratori, dipendenti, collaboratori o altri soggetti che
intrattengano rapporti di qualsiasi natura con la Fondazione.
Essendo i principi del Codice Etico idonei a prevenire i comportamenti illeciti previsti nel
D.Lgs. 231/2001, il Codice Etico acquisisce rilevanza ai fini del Modello Organizzativo e ne
diventa parte integrante; s’intende comunque precisare che:
a) il Codice Etico è uno strumento che esprime una serie di principi di deontologia
aziendale che la Fondazione ha autonomamente deciso di adottare e sui quali richiama
l’osservanza di tutti i soggetti che cooperano al perseguimento dell’attività
istituzionale;
b) Il Modello Organizzativo risponde a specifiche prescrizioni contenute nel D.Lgs.
231/2001, volte a prevenire la commissione di particolari tipologie di reati che, se
commessi dai soggetti specificati nel Decreto stesso, nell’apparente interesse o
vantaggio della Fondazione, possono comportare una responsabilità amministrativa
della stessa.
4. I PROCESSI SENSIBILI
Dall’analisi dei rischi condotta ai fini del D.Lgs. 231/2001 sono stati evidenziati i seguenti
“processi sensibili”:
a) Processi sensibili nell’attività amministrativa:
· rapporti costanti e correnti con la Pubblica Amministrazione per lo svolgimento
dell’attività socio sanitaria (Regione, ASL, Comuni, ecc…);
· gestione dei rapporti correnti con gli enti pubblici per l’ottenimento di autorizzazioni e
licenze per l’esercizio delle attività aziendali;
· gestione delle ispezioni (amministrative, fiscali, previdenziali, ecc…);
· negoziazione/stipulazione e/o esecuzione di contratti/convenzioni con S.S.R.;
· gestione dei rapporti con l’autorità giudiziaria delle pratiche legali, del recupero crediti
e del contenzioso;
· gestione dei rapporti con le istituzioni pubbliche, i liberi professionisti, i consulenti e
gli studi professionali;
· predisposizione delle comunicazioni relative alla situazione economica, patrimoniale e
finanziaria della Fondazione (scritture contabili e bilancio d’esercizio);
· gestione dei sistemi informatici ed il trattamento dei dati personali (Privacy);
· gestione degli adempimenti amministrativi, contrattuali, previdenziali e fiscali relativi
al personale;
· gestione della selezione ed assunzione del personale;
· gestione delle spese di rappresentanza, dell’omaggistica e beneficenza ;
· gestione delle ispezioni da parte di ASL e Vigili del Fuoco;
· gestione dei rapporti con le autorità fiscali ed i relativi adempimenti;
· gestione della cassa contanti;
· gestione dei rapporti con gli istituti di credito;
· gestione degli acquisti di beni (mobili e immobili) e servizi;
· gestione delle pratiche assicurative;
· rilascio delle certificazioni fiscali relative alle rette dei residenti;
· fatturazione;
· gestione delle liste d’attesa.
b) Processi sensibili nella gestione delle attività socio sanitarie:
· erogazione del servizio assistenziale;
· gestione dei mezzi di tutela e protezione dell’ospite;
· il rilascio di certificazioni, dichiarazioni, compilazione di cartelle cliniche, riepilogo
analisi eseguite, accertamenti sanitari, ecc.;
· uso di mezzi informatici e il trattamento di dati personali (Privacy);
· gestione dei farmaci stupefacenti.
c) Processi sensibili nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro:
· gestione del sistema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
· gestione e smaltimento dei rifiuti speciali;
· manutenzione degli impianti e delle attrezzature.
5. L’ORGANISMO DI VIGILANZA (OdV)
5.1. Identificazione dell’Organismo di Vigilanza
In base alle previsioni del D.Lgs. 231/2001, il compito di vigilare sul funzionamento e
l’osservanza del Modello, nonché di curarne l’aggiornamento deve essere affidato ad un
organismo della Fondazione (art. 6 c.1 let.b) del D.Lgs. 231/2001), dotato di autonomi poteri
di iniziativa e controllo.
L’autonomia presuppone che l’Organismo di Vigilanza risponda, nello svolgimento di questa
sua funzione, solo al massimo vertice gerarchico (Consiglio di Amministrazione, Presidente).
In considerazione della specificità dei compiti che fanno capo all’OdV, il relativo incarico è
affidato ad un organismo collegiale misto, composto da tre membri individuati tra persone
dotate di autonomia, indipendenza e professionalità.
La nomina e la revoca dell’Organismo di Vigilanza, oltre alla redazione del suo regolamento,
sono di competenza del Consiglio di Amministrazione.
L’OdV resta in carica per tre esercizi, sino alla data dell’assemblea convocata per
l’approvazione del bilancio dell’ultimo esercizio in cui è in carica ed è rieleggibile.
Le funzioni di componente dell’Organismo di Vigilanza non sono in alcuna misura delegabili.
5.2. Requisiti, cause di ineleggibilità e incompatibilità
Ogni componente dell’Organismo di Vigilanza deve rivestire i requisiti di indipendenza,
onorabilità e moralità, è ineleggibile e/o decade dall’incarico chi, a puro titolo esemplificativo
e non esaustivo:
· si trovi in una delle condizioni di ineleggibilità o decadenza previste dall’art. 2382 del
c.c.;
· abbia riportato una condanna, anche non definitiva, per uno dei reati previsti dal
Decreto;
· abbia vincoli di parentela con il Consiglio di Amministrazione o interessi di natura
economica nei confronti della Fondazione (ad esclusione del rapporto di lavoro
subordinato o in forma di collaborazione professionale anche sotto forma di libera
professione).
E’ inoltre richiesta a ciascun membro dell’Organismo la conoscenza dell’organizzazione
interna e dei principali processi tipici del settore socio sanitario.
5.3. Cessazione dall’incarico
La cessazione dall’incarico di membro dell’OdV può avvenire, oltre che per morte o
decadenza, per:
· rinuncia all’incarico;
· revoca per giusta causa;
· decadenza per sopravvenuta carenza di requisiti previsti per l’assunzione della carica,
ovvero per il sopraggiungere di una causa di ineleggibilità o di incompatibilità.
Ciascun membro dell’Organismo potrà recedere in qualsiasi momento dall’incarico, mediante
preavviso di almeno 30 (trenta) giorni da rendere in forma scritta al Presidente del Consiglio
di Amministrazione.
La revoca per giusta causa compete al Consiglio di Amministrazione, considerando giusta
causa:
· grave negligenza nell’espletamento dei compiti connessi all’incarico, quali ad esempio
l’omessa redazione della relazione annuale al Consiglio di Amministrazione, l’omessa
o insufficiente vigilanza, secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 1 lettera d) del
D.Lgs. 231/2001, risultante da sentenza, anche non passata in giudicato, emessa nei
confronti della Fondazione o da altro provvedimento che ne accerti la responsabilità;
· conflitto d’interessi permanente;
· grave e reiterata violazione degli obblighi di riservatezza previsti dal presente
regolamento;
· assenza ingiustificata per almeno due volte consecutive alle riunioni dell’Organismo
di Vigilanza.
In caso di rinuncia, revoca o decadenza di uno o più membri dell’Organismo il Consiglio di
Amministrazione provvede alla sua o loro sostituzione entro tre mesi; i membri così nominati
durano in carica sino a scadenza del mandato originario.
5.4. Funzioni, compiti e poteri
All’Organismo di Vigilanza sono affidate le funzioni di vigilanza:
a) sull’effettività e sull’osservanza del Modello da parte dei dipendenti, degli organi
sociali, dei consulenti e dei partner nella misura in cui è richiesta a ciascuno di loro;
b) sull’efficacia e adeguatezza del Modello in relazione alla struttura aziendale ed alla
effettiva capacità di prevenire la commissione dei reati di cui al D.Lgs. 231/2001
(Reati);
c) sull’opportunità di aggiornamento del Modello, laddove si riscontrino esigenze di
adeguamento dello stesso in relazione a mutate condizioni aziendali e/o normative;
d) sugli aspetti dell’attività aziendale che possono esporre la Fondazione al rischio di
commissione di uno dei Reati;
e) sui rapporti con i consulenti e con i partner che operano per conto dell’Ente
nell’ambito di operazioni sensibili;
f) sulle operazioni straordinarie dell’Ente.
Nell’espletamento di tali funzioni l’OdV ha il compito di:
1. supervisionare le procedure di controllo previste dal Modello;
2. condurre ricognizioni sull’attività aziendale ai fini dell’aggiornamento della
mappatura dei “processi sensibili”;
3. effettuare periodicamente verifiche mirate su determinate operazioni o specifici atti
posti in essere dalla Fondazione soprattutto nell’ambito dei processi e delle attività a
rischio reato (“processi e attività sensibili”), i cui risultati devono essere riassunti in un
apposito rapporto al Consiglio di Amministrazione;
4. coordinarsi con il management aziendale per valutare l’adozione di eventuali sanzioni
disciplinari, ferma restando la competenza di quest’ultimo per l’irrogazione della
sanzione e il relativo procedimento disciplinare;
5. coordinarsi con il responsabile incaricato per la definizione dei programmi di
formazione per il personale affinché siano pertinenti ai ruoli ed alle responsabilità del
personale da formare e per la definizione del contenuto delle comunicazioni
periodiche da farsi ai dipendenti e agli organi sociali, finalizzate a fornire agli stessi la
necessaria sensibilizzazione e le conoscenze di base della normativa di cui al D.Lgs.
231/2001;
6. monitorare le iniziative per la diffusione della conoscenza e della comprensione del
Modello, ed ove necessario contribuire a predisporre la documentazione interna
necessaria al fine del funzionamento del Modello (contenente istruzioni d’uso,
chiarimenti o aggiornamenti dello stesso);
7. raccogliere, elaborare e conservare le informazioni rilevanti in ordine al rispetto del
Modello, nonché aggiornare la lista di informazioni che devono essere trasmesse o
tenute a disposizione;
8. coordinarsi con le funzioni aziendali (anche attraverso apposite riunioni) per il miglior
monitoraggio delle attività in relazione alle procedure stabilite nel Modello. A tal fine,
l’Organismo di Vigilanza ha libero accesso a tutta la documentazione aziendale che
ritiene rilevante e deve essere costantemente informato dal management;
9. interpretare la normativa rilevante e verificare l’adeguatezza del Modello a tali
prescrizioni normative;
10. coordinarsi con le funzioni aziendali (anche attraverso apposite riunioni) per valutare
le esigenze di aggiornamento del Modello;
11. attivare e svolgere le inchieste interne, raccordandosi di volta in volta con le funzioni
aziendali interessate, per acquisire ulteriori elementi d’indagine (es. per l’esame dei
contratti che deviano nella forma e nel contenuto rispetto alle clausole standard dirette
a garantire la Fondazione dal rischio di coinvolgimento nella commissione dei Reati,
per l’applicazione di sanzioni disciplinari, ecc…);
12. proporre al management le opportune integrazioni ai sistemi di gestione delle risorse
finanziarie (sia in entrata che in uscita), già presenti nell’Ente, per introdurre alcuni
accorgimenti idonei a rilevare l’esistenza di eventuali flussi finanziari atipici e
connotati da maggiori margini di discrezionalità rispetto a quanto ordinariamente
previsto.
All’OdV sono devoluti poteri ispettivi e di controllo in ordine al funzionamento e
all’osservanza del Modello Organizzativo nel suo complesso, per finalità di miglioramento ed
aggiornamento del Modello stesso, in particolare:
· ha libero accesso a tutti i documenti e tutte le informazioni presso tutte le funzioni
della Fondazione ritenuti necessari per lo svolgimento dei compiti previsti dal D.Lgs.
231/2001;
· può avvalersi, sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità, dell’ausilio di tutte le
strutture della Fondazione ovvero di consulenti esterni
Le attività poste in essere dall’Organismo di Vigilanza non possono essere sindacate da alcun
altro organismo o struttura aziendale, fermo restando però che l’organo amministrativo è in
ogni caso chiamato a svolgere un’attività di valutazione sull’adeguatezza del suo intervento.
5.5. Funzionamento dell’Organismo di Vigilanza
Qualora non provveda il Consiglio di Amministrazione, l’OdV nomina fra i suoi membri un
Presidente ed un Segretario. Per garantire l’indipendenza dell’Organismo il Presidente non
deve essere legato alla Fondazione con contratto di lavoro dipendente o di collaborazione
professionale, anche sotto forma di libera professione.
Il Presidente presiede le riunioni dell’Organismo, svolge, inoltre, attività di coordinamento e
di organizzazione dell’attività da svolgere.
In caso di assenza o impossibilità del Presidente questo è sostituito in tutte le sue attribuzioni
dal Segretario.
L’Organismo di Vigilanza si riunisce almeno ogni quattro mesi, su convocazione del
Presidente o di altro membro, presso gli uffici della Fondazione o altro luogo concordato tra i
membri, mediante avviso da recapitare con qualsiasi mezzo di comunicazione, anche
informatico che preveda la ricevuta di lettura, almeno 8 (otto) giorni prima dalla data della
riunione. La convocazione deve contenere l’ordine del giorno della riunione. In caso di
urgenza l’avviso di convocazione può essere inviato dal Presidente o altro membro
dell’Organismo con un preavviso minimo di 24 ore.
L’Organismo di Vigilanza è inoltre convocato ogniqualvolta i membri ne ravvisino la
necessità, nel luogo fissato, a mezzo di avviso trasmesso a tutti i componenti, nonché in caso
di richiesta anche di uno solo dei suoi componenti, del Consiglio di Amministrazione o del
suo Presidente.
L’Organismo di Vigilanza è regolarmente costituito con la presenza della maggioranza dei
suoi membri e le deliberazioni sono valide con il voto favorevole della maggioranza assoluta
dei presenti; in caso di parità prevale il voto del Presidente.
Il Presidente ed il Segretario redigono e sottoscrivono i verbali delle riunioni che sono
conservati a cura del Segretario in ordine cronologico.
Alle adunanze dell’Organismo di Vigilanza possono partecipare, con funzione informativa e
consultiva, altri soggetti che possano avere rilevanza con l’ordine del giorno qualora
espressamente invitati.
5.6. Informazione degli organi sociali
Nello svolgimento delle proprie attività l’OdV riferisce:
a) al Consiglio di Amministrazione almeno annualmente, sullo stato di attuazione del
Modello, presentando una relazione illustrativa che evidenzi le attività di verifica e di
controllo compiute, l’esito di dette attività, le eventuali lacune del Modello emerse, i
suggerimenti per le eventuali azioni da intraprendere;
b) al Presidente del Consiglio di Amministrazione, su base continuativa, mediante la
presentazione di rapporti scritti riguardanti la propria attività ritenuta di particolare
rilievo nel contesto dell’attività di prevenzione e controllo.
L’Organismo di Vigilanza potrà chiedere di essere sentito dal Consiglio di Amministrazione
ogni qualvolta ritenga opportuno un esame o un intervento di siffatto organo in materie
inerenti il funzionamento e l’efficace attuazione del Modello.
L’Organismo di Vigilanza potrà, a sua volta, essere convocato in ogni momento dal Consiglio
di Amministrazione e dagli altri organi sociali per riferire su particolari eventi o situazioni
relative al funzionamento e al rispetto del Modello.
5.7. Obblighi
I membri dell’Organismo di Vigilanza devono adempiere al proprio incarico con la diligenza
richiesta dalla natura dell’incarico, dalla natura dell’attività esercitata e dalle loro specifiche
competenze.
Nell’esercizio delle sue funzioni l’Organismo deve improntarsi a principi di autonomia e
indipendenza.
I componenti sono tenuti al rispetto degli obblighi di riservatezza in ordine alle notizie ed
informazioni acquisite nell’esercizio delle loro funzioni.
5.8. Indipendenza, revoca
Il Consiglio di Amministrazione adotta forme di tutela in favore dell’Organismo di Vigilanza
al fine di evitare ogni forma di ritorsione o comportamento discriminatorio o comunque
pregiudizievole, in via diretta o indiretta, nei confronti dell’OdV, per l’attività svolta.
L’adozione di sanzioni disciplinari, di qualsiasi atto modificativo o interruttivo del rapporto
della Fondazione con l’Organismo di Vigilanza o uno dei suoi membri, nonché di qualsiasi
altro rapporto di lavoro o collaborazione intrattenuto a qualsiasi titolo tra essi e la Fondazione,
è sottoposto alla preventiva e motivata approvazione del Consiglio di Amministrazione.
La revoca dell’Organismo di Vigilanza o di uno dei suoi membri, ovvero dei poteri loro
attribuiti nell’ambito della relativa carica, può avvenire soltanto per giusta causa, intesa quale
grave negligenza nell’assolvimento dei compiti connessi all’incarico (quali ad esempio:
l’omessa redazione della relazione annuale al Consiglio di Amministrazione, l’omessa o
insufficiente vigilanza, secondo quanto previsto dall’art. 6 comma 1 lett. d) del D.Lgs.
231/2001, risultante da sentenza, anche non passata in giudicato, emessa nei confronti della
Fondazione ai sensi del D.Lgs. 231/2001 o da altro provvedimento che ne accerti la
responsabilità).
In casi di particolare gravità, il Consiglio di Amministrazione potrà comunque disporre la
sospensione dei poteri dell’Organismo di Vigilanza e la nomina di un nuovo Organo.
5.9. Autonomia di spesa
All’Organismo di Vigilanza, per ogni esercizio solare, è assegnato un budget di spesa per
l’esecuzione della propria attività che deve essere deliberato, insieme al consuntivo delle
spese dell’anno precedente, dal Consiglio di Amministrazione della Fondazione.
L’OdV delibera in autonomia ed indipendenza le spese da effettuarsi nei limiti del budget
approvato e rimanda al Presidente del Consiglio di Amministrazione la sottoscrizione dei
relativi impegni.
In caso di richiesta di spese eccedenti il budget approvato, l’Organismo di Vigilanza dovrà
essere autorizzato dal Presidente del Consiglio di Amministrazione nei limiti delle sue
deleghe o direttamente dal Consiglio di Amministrazione.
5.10. Raccolta e conservazione delle informazioni
Tutte la documentazione concernente l’attività svolta dall’Organismo di Vigilanza
(segnalazioni, informative, ispezioni, accertamenti, relazioni, ecc…) è conservata per un
periodo di almeno 10 anni (fatti salvi eventuali ulteriori obblighi di conservazione previsti da
specifiche norme) in apposito archivio (cartaceo e/o informatico), il cui accesso è consentito
esclusivamente ai componenti dell’Organo.
5.11. Regolamento, modifiche ed integrazioni
La stesura, le eventuali modifiche ed integrazioni al Modello possono essere apportate
unicamente dal Consiglio di Amministrazione, anche su proposta dell’ Organismo di
Vigilanza.
6. LA FORMAZIONE DELLE RISORSE E LA DIFFUSIONE DEL MODELLO
6.1. Formazione ed informazione dei dipendenti e medici
Ai fini dell’efficacia del presente Modello, è obiettivo della Fondazione garantire una corretta
conoscenza, sia alle risorse già presenti in azienda sia a quelle da inserire, delle regole di
condotta ivi contenute, con differente grado di approfondimento in relazione al diverso livello
di coinvolgimento delle risorse medesime nei “processi sensibili”.
Il sistema d’informazione e formazione è supervisionato ed integrato dall’Organismo di
Vigilanza in collaborazione con i responsabili della formazione e con i responsabili delle altre
funzioni di volta in volta coinvolte nell’applicazione del Modello.
Di seguito le 2 (due) fasi del processo di formazione ed aggiornamento.
La comunicazione iniziale
L’adozione del presente Modello è comunicata dal Presidente dell’Organismo di Vigilanza a
tutti i dipendenti e medici. Ai responsabili di funzione sarà consegnata copia del presente
Modello; tutti i dipendenti potranno richiederne una copia.
Ai nuovi assunti, invece, è consegnato un set informativo (es. Modello Organizzativo, Codice
Etico, ecc…), con il quale assicurare agli stessi le conoscenze considerate di primaria
rilevanza.
I suddetti soggetti, al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro s’impegnano, nello
svolgimento dei propri compiti afferenti i “processi sensibili” ed in ogni altra attività che
possa realizzarsi nell’interesse o a vantaggio della Fondazione, al rispetto dei principi, delle
regole e delle procedure contenuti nel Modello Organizzativo e nel Codice Etico.
La formazione
L’attività di formazione, finalizzata a diffondere la conoscenza della normativa di cui al
D.Lgs. 231/2001, è differenziata, nei contenuti e nelle modalità di erogazione, in funzione
della qualifica dei destinatari, del livello di rischio dell’area in cui operano, dell’avere o meno
funzioni di rappresentanza della Fondazione.
In particolare, la Fondazione ha previsto livelli diversi d’informazione e formazione
attraverso idonei strumenti di diffusione (comunicazione scritta iniziale, corso in aula).
6.2. Informazione ai Consulenti ed ai Partner
I consulenti ed i partner devono essere informati del contenuto del Modello e dell’esigenza,
della struttura, che il loro comportamento sia conforme ai disposti del D.Lgs. 231/2001.
A costoro saranno fornite informative sui principi, politiche e le procedure della Fondazione,
attraverso la consegna, con firma di ricezione, del Codice Etico.
7. SISTEMA DISCIPLINARE
7.1. Funzione del sistema disciplinare
La definizione di un sistema di sanzioni (commisurate alla violazione e dotate di deterrenza)
applicabili in caso di violazioni delle regole di cui al presente Modello rende efficiente
l’azione di vigilanza dell’OdV ed ha lo scopo di garantire l’effettività del Modello stesso.
La definizione di tale sistema disciplinare costituisce, infatti, ai sensi dell’art. 6 primo comma
lettera e) del D.Lgs. 231/2001, un requisito essenziale del Modello medesimo ai fini
dell’esimente rispetto alla responsabilità della Fondazione.
L’applicazione del sistema disciplinare e delle relative sanzioni è indipendente dallo
svolgimento e dall’esito del procedimento penale eventualmente avviato dall’autorità
giudiziaria, nel caso in cui il comportamento da censurare valga anche ad integrare una
fattispecie di reato rilevante ai sensi del D.Lgs. 231/2001.
7.2. Misure per i lavoratori dipendenti
I comportamenti tenuti dai lavoratori dipendenti in violazione delle singole regole
comportamentali dedotte nel presente Modello sono definiti come illeciti disciplinari.
Con riferimento alle sanzioni irrogabili nei riguardi di detti lavoratori dipendenti, esse
rientrano tra quelle previste dal regolamento disciplinare aziendale, nel rispetto di quanto
previsto dall‘art. 7 dello Statuto dei Lavoratori ed eventuali normative speciali applicabili.
Le sanzioni individuate ai fini del rispetto del Modello sono le seguenti:
1) Rientra nel provvedimento del rimprovero verbale:
la violazione di lieve entità delle procedure interne previste dal Modello o l’adozione,
nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme alle
prescrizioni del Modello, dovendosi ravvisare in tali comportamenti una non osservanza delle
disposizioni portate a conoscenza del personale con ordini di servizio, circolari, istruzioni od
altro mezzo idoneo in uso presso la Fondazione.
2) Rientra nel provvedimento del rimprovero scritto:
la reiterata violazione di lieve entità delle procedure interne previste dal Modello o l’adozione,
nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento più volte non conforme
alle prescrizioni del Modello stesso, prima ancora che dette mancanze siano state
singolarmente accertate e contestate.
3) Rientra nel provvedimento della sospensione dal servizio e dal trattamento economico
per un periodo non superiore a 10 giorni:
la violazione di grave entità delle procedure interne previste dal Modello o l’adozione,
nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme
alle prescrizioni del Modello stesso, nonché il compimento di atti contrari all’interesse
della Fondazione.
4) Rientra nel provvedimento del licenziamento per notevole inadempimento degli
obblighi contrattuali del prestatore di lavoro (giustificato motivo):
l’adozione, nell’espletamento delle attività nelle aree a rischio, di un comportamento non
conforme alle prescrizioni del presente Modello e diretto in modo univoco al compimento di
un reato sanzionato dal D.Lgs. n. 231/2001, dovendosi ravvisare in tale comportamento la
determinazione di un danno notevole o di una situazione di notevole pregiudizio per la
Fondazione.
5) Rientra nel provvedimento del licenziamento senza preavviso per una mancanza così
grave da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto (giusta causa):
l’adozione, nell’espletamento delle attività nelle aree a rischio, di un comportamento
palesemente in violazione alle prescrizioni del presente Modello e tale da determinare la
concreta applicazione a carico della Fondazione di misure previste dal D.Lgs. n.231/2001,
dovendosi ravvisare in tale comportamento il compimento di “atti tali da far venire meno
radicalmente la fiducia dell‘azienda nei suoi confronti e da non consentire comunque la
prosecuzione nemmeno provvisoria del rapporto di lavoro”, ovvero il verificarsi delle
mancanze richiamate ai punti precedenti con la determinazione di un grave pregiudizio per la
Fondazione.
Più specificamente, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sopra richiamate saranno
applicate, ai sensi di quanto previsto dal codice disciplinare vigente presso la Fondazione, in
relazione:
· all’intenzionalità del comportamento o grado di negligenza, imprudenza o imperizia
con riguardo anche alla prevedibilità dell’evento;
· al comportamento complessivo del lavoratore con particolare riguardo alla sussistenza
o meno di precedenti disciplinari del medesimo, nei limiti consentiti dalla legge;
· alle mansioni del lavoratore;
· alla posizione funzionale delle persone coinvolte nei fatti costituenti la mancanza;
· alle altre particolari circostanze che accompagnano la violazione disciplinare.
Per quanto riguarda l’accertamento delle suddette infrazioni, i procedimenti disciplinari e
l’irrogazione delle sanzioni, restano invariati i poteri già conferiti, nei limiti della rispettiva
competenza, alla Direzione aziendale.
Il sistema disciplinare viene costantemente monitorato dall‘Organismo di Vigilanza e dal
responsabile della formazione.
7.3. Misure per i lavoratori dirigenti
In caso di violazione, da parte di dirigenti, delle procedure interne previste dal Modello o di
adozione, nell’espletamento di attività nelle aree a rischio, di un comportamento non conforme
alle prescrizioni del Modello stesso si provvederà ad applicare nei confronti dei responsabili
le seguenti misure:
1) Lettera di richiamo
questa misura viene applicata quando vengono ravvisati comportamenti, nell’espletamento
delle attività nella aree a rischio, che costituiscono violazioni di lieve entità rispetto alle
disposizioni del Modello.
2) Risoluzione del rapporto
questa misura viene applicata quando vengono ravvisati comportamenti, nell’espletamento
delle attività nelle aree a rischio, che costituiscono violazioni di grave entità rispetto alle
disposizioni del Modello.
7.4. Misure nei confronti degli amministratori
In caso di violazione delle disposizioni del Modello Organizzativo da parte di uno o più
membri del Consiglio di Amministrazione l’Organismo di Vigilanza informa il Consiglio di
Amministrazione il quale assumerà le opportune iniziative previste dalla vigente normativa e
nei casi più gravi potrà anche procedere alla revoca con effetto immediato delle deleghe
attribuite e sospensione e/o revoca della nomina.
7.5. Misure nei confronti di collaboratori e fornitori
Nei confronti di tutti coloro che a vario titolo agiscono per conto della Fondazione valgono le
seguenti disposizioni: ogni comportamento in contrasto con le linee di condotta indicate dal
Modello Organizzativo tale da comportare il rischio di commissione di un reato sanzionato
dal D.Lgs. 231/2001 potrà determinare la risoluzione del rapporto, fatta salva l’eventuale
richiesta di risarcimento qualora da tale comportamento derivino danni concreti per la
Fondazione.
8. VERIFICHE SULL’ADEGUATEZZA DEL MODELLO
Il presente Modello sarà soggetto a due tipologie di verifiche:
1. attività di monitoraggio sull‘effettività del Modello (che consiste nella verifica della
coerenza tra i comportamenti concreti dei destinatari ed il Modello stesso) che potrà anche
avvenire mediante l‘istituzione di un sistema di dichiarazioni periodiche da parte dei
responsabili di funzione, con il quale si conferma che non sono state poste in essere azioni
non in linea con il Modello stesso. In particolare che:
a) sono stati rispettati le indicazioni ed i contenuti del presente Modello;
b) sono stati rispettati i poteri di delega ed i limiti di firma.
2. verifiche delle procedure: periodicamente sarà verificato l’effettivo funzionamento del
presente Modello con le modalità stabilite dall‘Organismo di Vigilanza. Inoltre, sarà
intrapresa una review di tutte le segnalazioni ricevute nel corso dell‘anno, delle azioni
intraprese dall‘OdV, degli eventi considerati rischiosi e della consapevolezza dei dipendenti e
degli organi sociali rispetto alla problematica della responsabilità penale della Fondazione con
verifiche a campione.
Tali verifiche sono condotte dall‘Organismo di Vigilanza che si avvale del supporto di altre
funzioni interne che, di volta in volta, si rendano a tal fine necessarie.
Le verifiche ed il loro esito sono oggetto del report al Consiglio di Amministrazione. In
particolare, in caso di esito negativo, l‘Organismo di Vigilanza esporrà, nel piano relativo
all’anno, i miglioramenti da attuare.
PARTI SPECIALI
Indice:
1. Premessa
2. Rischio di commissione dei reati e protocolli
3. Funzione di ciascuna parte speciale
4. Clausola contrattuale con fornitori, consulenti, liberi professionisti.
PS01 Reati contro la Pubblica Amministrazione
PS02 Reati di induzione a non rendere o rendere dichiarazioni
mendaci all’autorità giudiziaria
PS03 Reati societari
PS04 Reati contro la personalità individuale
PS05 Reati in materia di tutela della sicurezza e salute dei lavoratori
PS06 Delitti informatici e trattamento illecito di dati
PS07 Reati ambientali
PS08 Reati contro le donne
1. Premessa
Le parti speciali riportate di seguito individuano l’esistenza o meno dei rischi di commissione
dei reati contemplati dal D.Lgs. 231/2001 all’interno della Fondazione e, laddove tali rischi
siano presenti, definiscono i protocolli idonei a prevenire la commissione di tali reati.
Nelle parti speciali sono illustrate le procedure decisionali ed operative riguardanti l’attività
della Fondazione nelle aree ritenute a rischio, le attività di controllo dell’Organismo di
Vigilanza, direttamente o con il supporto di risorse interne e/o esterne, come previsto dal
punto 5.4 della parte generale del presente Modello.
Ogni modifica dell’attività della Fondazione ed ogni modifica legislativa che comportino
l’estensione dell’applicabilità del D.Lgs. 231/2001 ad altri reati la cui commissione sia
possibile da parte dei soggetti destinatari del Modello sarà valutata dall’Organismo di
Vigilanza al fine di valutare l’opportunità di ampliare, modificare e aggiornare il Modello
Organizzativo.
2. Rischio di commissione dei reati e protocolli
Nella parte generale del presente Modello sono stati elencati i processi per i quali la
Fondazione potrebbe essere chiamata a rispondere della responsabilità per la commissione di
reati previsti dal Decreto, distinti in macro categorie.
Attraverso l’analisi dei rischi effettuata per ogni macrocategoria, laddove si sia verificata
l’esistenza del rischio di commissione dei reati, sono state definite le azioni preventive di
contenimento, le azioni di controllo, i flussi informativi verso l’OdV, i protocolli e le
procedure da applicare ai fini della corretta attuazione del Modello.
Per i reati per i quali non si è ravvisato il rischio di commissione è stata semplicemente
riportata una descrizione del reato stesso per completezza espositiva.
3. Funzione di ciascuna parte speciale
La funzione di ciascuna parte speciale è di:
a. stabilire i principi generali e le procedure specifiche che tutti i destinatari del Modello
sono tenuti a seguire anche in relazione al tipo di rapporto instaurato con la
Fondazione;
b. Fornire all’Organismo di Vigilanza gli strumenti operativi per esercitare le attività di
controllo, monitoraggio e verifica attribuitegli.
4. Clausola contrattuale con fornitori, consulenti, liberi professionisti
Si ritiene opportuno inserire apposite clausole nei contratti stipulati con i fornitori ed i
consulenti, compresi i medici con rapporto di libera professione, che regolino le conseguenze
dipendenti dalla violazione delle norme di cui al D.Lgs. 231/2001 e dei principi contenuti nel
Modello.
Dovranno essere inserite clausole risolutive espresse che prevedano la risoluzione del
contratto in caso di comportamenti contrari ai principi contenuti nel Modello, che possano
determinare il compimento di reati previsti dal Decreto, salvo il diritto della Fondazione di
agire per il risarcimento del danno.
PARTE SPECIALE
“PS01”
REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
I reati descritti di seguito hanno come presupposto l’instaurazione di rapporti con la Pubblica
Amministrazione.
1. La tipologia dei reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione
2. I processi interessati
3. I destinatari della parte speciale
3.1 Il sistema di deleghe
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5. Azioni di controllo
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione
1.1 Reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (art. 24 D.Lgs.
231/2001)
1) Malversazione a danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 316-bis c.p.);
2) Indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato
o di altro Ente pubblico o delle Comunità europee (art. 316-ter c.p.);
3) Truffa in danno dello Stato o di altro Ente pubblico o delle Comunità europee (art.
640, co. 2, n.1,c.p.);
4) Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.);
5) Frode informatica in danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 640-ter c.p.).
1) Malversazione a danno dello Stato o dell’Unione Europea (art. 316-bis c.p.)
Il reato si configura nel caso in cui, dopo aver ricevuto un finanziamento o contributi da parte
dello Stato italiano o della UE, il soggetto beneficiario non proceda all’utilizzo delle somme
ottenute per gli scopi per i quali erano state richieste.
Il momento consumativo del reato può configurarsi anche con riferimento a finanziamenti già
ottenuti in passato e che non vengono successivamente destinati alle finalità per cui erano stati
erogati.
2) Indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o
di altro Ente pubblico o della Comunità europea (art. 316-ter c.p.)
Il reato si configura nei casi in, cui mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni e di
documenti falsi o mediante l’omissione d’informazioni dovute, un soggetto ottenga, senza
averne diritto, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo
concessi o erogati dallo Stato, da altri Enti Pubblici o dalla Comunità Europea.
In questo caso a nulla rileva l’uso che venga fatto delle erogazioni poiché il reato si realizza
nel momento dell’ottenimento dei finanziamenti.
3) Truffa in danno dello Stato o di altro Ente pubblico o delle Comunità europee (art. 640,
c. 2, n.1,c.p.)
L’ipotesi di reato si configura nel caso in cui per realizzare un ingiusto profitto siano posti in
essere degli artifici o dei raggiri tali da indurre in errore o arrecare un danno allo Stato. Un
esempio di tale reato si può avere nel caso in cui nella predisposizione della documentazione
per la partecipazione a procedure di gara e/o appalto si forniscano alla Pubblica
Amministrazione informazioni non veritiere (per esempio supportate da documentazione
artefatta) al fine di ottenere l’aggiudicazione della gara stessa.
4) Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.)
Il reato si configura nel caso in cui la truffa sia posta in essere per conseguire indebitamente
erogazioni pubbliche. Tale fattispecie può realizzarsi nel caso in cui si pongano in essere
artifici o raggiri, per esempio comunicando dati non veritieri, predisponendo una
documentazione falsa per ottenere finanziamenti pubblici.
5) Frode informatica in danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 640-ter c.p.)
Il reato si configura nel caso in cui alterando il funzionamento di un sistema informatico o
manipolando i dati in esso contenuti si ottenga un ingiusto profitto arrecando danno a terzi.
In concreto può realizzarsi il reato qualora una volta ottenuto un finanziamento venisse
violato il sistema informatico al fine di inserire un importo relativo al finanziamento superiore
a quello assegnato legittimamente.
1.2 Reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (art. 25, D.Lgs.
231/2001)
1) Concussione (art. 317 c.p.)
2) Corruzione per un atto d’ufficio o contrario ai doveri di ufficio e circostanze aggravanti
(art. 318-319-319 bis c.p.)
4) Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.)
5) Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)
6) Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)
1) Concussione (art. 317 c.p.)
L’ipotesi di reato si configura nel caso in cui un pubblico ufficiale o un incaricato di un
pubblico servizio, abusando della sua posizione, costringa taluno a procurare a sé o ad altri
denaro o altre utilità non dovutegli. Questo reato è suscettibile di un’applicazione meramente
residuale nell’ambito della fattispecie considerate dal Decreto; tale reato necessita, infatti,
della concorrenza da parte di un dipendente che sia consenziente rispetto alle richieste e
sempre che tale comportamento porti in qualche modo un vantaggio all’Ente.
2) Corruzione per un atto d’ufficio o contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.) e
circostanze aggravanti (art. 318-319-319 bis c.p.)
Tale ipotesi si configura nel caso in cui un pubblico ufficiale riceva per sé o altri denaro o
vantaggi per compiere oppure per omettere o ritardare atti del suo ufficio (determinando un
vantaggio per il corruttore). Tale reato si differenzia dalla concussione in quanto tra corrotto e
corruttore esiste un accordo finalizzato a raggiungere un vantaggio reciproco, mentre nella
concussione il privato subisce la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato del pubblico
servizio.
La pena è aumentata se il fatto ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi
o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l’amministrazione alla quale il
pubblico ufficiale appartiene.
4) Corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.)
Il reato si configura nel caso in cui l’Ente sia parte di un procedimento giudiziario e al fine di
ottenere un vantaggio nel procedimento stesso corrompa un pubblico ufficiale o subisca la
concussione di un pubblico ufficiale (non solo un magistrato ma anche un cancelliere od altro
funzionario).
5) Pene per il corruttore (art. 321 c.p.)
La disposizione prevede che le pene stabilite per i reati di cui agli artt. 318, 319, 319-bis, 319-
ter e 320 del c.p. si applicano anche a chi ha dà o promette al pubblico ufficiale o incaricato di
un pubblico servizio il denaro o altra utilità.
6) Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)
Tale ipotesi si configura nel caso in cui, in presenza di un comportamento finalizzato alla
corruzione, il pubblico ufficiale rifiuti l’offerta illecitamente avanzata.
2. I processi interessati
In considerazione dei costanti rapporti che la Fondazione intrattiene con la P.A., in particolare
con Regione Lombardia, Comuni di riferimento e ASL di Bergamo, i processi ritenuti a
rischio sono stati così identificati:
· nei contatti tra gli organi sociali, Direttore Generale, Direttore Sanitario ed i soggetti
appartenenti alla Pubblica Amministrazione, sia pubblici ufficiali o incaricati di
pubblico servizio, al fine dell’ottenimento di finanziamenti per la realizzazione di
opere strutturali, servizi innovativi, ricerche, pubblicazioni, formazione ecc.;
· nelle fasi di conseguimento, proroga e/o conferma dell’accreditamento;
· nell’organizzazione dell’attività ai fini del mantenimento dei requisiti stabiliti dalla
legge vigente per l’accreditamento;
· nella rendicontazione delle prestazioni socio sanitarie erogate per le quali l’Ente
pubblico remunera la Fondazione e nella loro comunicazione, anche in via telematica,
finalizzata al rimborso delle prestazioni;
· nella fase di assegnazione di incarichi e consulenze, in particolare a personale
sanitario;
· nella fase di gestione dei rapporti con altri soggetti della rete;
· nella fase di verifica e/o ispezione da parte di enti pubblici o autorità;
· nell’elaborazione degli stipendi e versamento dei contributi agli istituti previdenziali e
assistenziali;
· nella compilazione del fascicolo socio sanitario ed elaborazione dei dati in esso
contenuti, compresa l’assegnazione della classe SOSIA;
· nell’eventuale partecipazione a gare pubbliche per l’assegnazione di contratti
d’appalto o di altro genere a favore della Pubblica Amministrazione.
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono tutti i destinatari del Modello Organizzativo,
cioè dipendenti, medici, consulenti, liberi professionisti e fornitori, con particolare riferimento
al Direttore Generale e al Direttore Sanitario.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi di reati contro la P.A. e altri soggetti pubblici. A tali regole dovranno
attenersi tutti i destinatari, in funzione del tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione.
Sono richiesti in particolare la conoscenza ed il rispetto dei principi del Codice Etico a tutti i
dipendenti, mentre a tutti gli altri destinatari deve essere resa nota l’adozione del Modello e
del Codice Etico, la cui conoscenza ed il cui rispetto costituiranno obbligo contrattuale.
3.1 Il sistema di deleghe e procure
Nello svolgimento delle attività della Fondazione, compresi i processi sensibili, il Consiglio di
Amministrazione può delegare per iscritto, anche a tempo indeterminato, funzioni di ordinaria
amministrazione ad uno o più soggetti fra: Presidente; vice-Presidente; Consiglieri; Direttore
Generale e Direttore Sanitario.
Qualora il Consiglio di Amministrazione dovesse decidere di attribuire delle deleghe ai
soggetti di cui sopra, dovranno essere rispettati i seguenti principi:
· tutti coloro che intrattengono, per conto della Fondazione, rapporti con la Pubblica
Amministrazione devono essere dotati di delega formale;
· le deleghe devono attribuire potere di gestione commisurato alla responsabilità, essere
attribuite a figure con un’adeguata posizione in organigramma e devono essere
aggiornate secondo i mutamenti organizzativi;
· ogni delega deve definire in modo specifico e chiaro:
a) i poteri del delegato;
b) il soggetto al quale il delegato risponde;
· i poteri gestionali assegnati con le deleghe e la loro attuazione devono essere coerenti
con gli obiettivi della Fondazione;
· il delegato deve disporre di poteri di spesa adeguati alle funzioni conferite.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
Al fine della prevenzione dei reati nei confronti della Pubblica Amministrazione sono stati
predisposti protocolli e procedure:
– Protocollo autorizzazioni e rapporti con le istituzioni
– Protocollo per la partecipazione a gare di appalto
– Protocollo per la gestione del contenzioso
– Processo rendicontazione
– Codice Etico
– Regolamento di cassa
– Regolamento di contabilità
– Processo di individuazione e selezione del personale
– Processo di gestione amministrativa del personale
– Processo di approvvigionamento di beni e servizi
4.2 Misure da adottare
– Attribuzione deleghe ai soggetti autorizzati ad intrattenere rapporti con la Pubblica
Amministrazione
5. Azioni di controllo
– Verifiche a campione sul corretto rispetto dei ruoli
– Verifiche periodiche del Revisore dei Conti
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
Ferma restando la facoltà dell’Organismo di Vigilanza di compiere ispezioni e controlli,
anche su segnalazione di criticità da parte di qualsiasi soggetto, di verificare l’osservanza,
l’adeguatezza e l’attuazione del Modello, all’OdV vanno indirizzate le seguenti informazioni:
· relazione circa le richieste di finanziamento inoltrate alla P.A., della ricezione delle
stesse, delle fasi di avvio e conclusione dei lavori;
· relazione sulle prestazioni remunerate dal FSR e comunicazione di eventuali controlli
di appropriatezza ricevuti;
· relazione su eventuali agevolazioni contributive fruite;
· relazione sulle deleghe attribuite;
· relazione su eventuali gare di appalto, su nuove istanze di autorizzazione o
accreditamento, su visite di vigilanza ricevute;
· relazione annuale sulle assunzioni effettuate, con particolare nota a quelle
eventualmente avvenute in deroga al processo identificato; in tal caso la segnalazione
va fatta all’atto dell’assunzione con trasmissione del contratto e della modulistica preassuntiva prevista.
PARTE SPECIALE
“PS02”
REATI DI INDUZIONE A NON RENDERE O A RENDERE DICHIARAZIONI
MENDACI ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA
I reati descritti di seguito hanno come presupposto il fatto di non rendere o rendere
dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria.
1. La tipologia dei reati
2. I processi interessati
3. I destinatari della parte speciale
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5. Azioni di controllo
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati
1) Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità
giudiziaria (art. 377-bis c.p.).
L’art. 377-bis c.p. mira a prevenire il pericolo che le persone chiamate a rendere dichiarazioni
al Giudice in un processo penale possano essere destinatarie di indebite pressioni o
sollecitazioni al fine di nascondere la verità al Giudice o di rappresentare i fatti in modo
travisato.
2. I processi interessati
Data la tipologia di reato si deve fare riferimento a tutti i processi della Fondazione.
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono tutti i destinatari del Modello Organizzativo,
cioè dipendenti, medici, consulenti, liberi professionisti, fornitori.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi tali tipologie di reati. A tali regole dovranno attenersi tutti i destinatari,
in funzione al tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione. Sono richiesti in particolare la
conoscenza ed il rispetto del Modello Organizzativo e dei principi del Codice Etico.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
MOGC ED. 01 – REV. 00 DEL 02/01/2015
43
– Codice Etico
4.2 Misure da adottare
Al momento non si ritiene di dovere adottare ulteriori misure.
5 Azioni di controllo
– Verificare che non ci siano forme di “intrattenimento” o sollecitazione nei confronti di
persone che sono state chiamate a rendere dichiarazioni al Giudice penale o sono
potenzialmente esposte all’eventualità della suddetta chiamata.
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
Segnalazioni all’Organismo di Vigilanza su difformità rispetto all’applicazione di procedure e
protocolli.
PARTE SPECIALE
“PS03”
REATI SOCIETARI
I reati descritti di seguito trovano solo parzialmente possibilità di commissione all’interno
della realtà operativa della Fondazione, in considerazione della sua natura giuridica.
Si ritiene tuttavia che alcuni principi previsti dal diritto societario siano per analogia
applicabili, più genericamente, oltre che alle società anche ad altri enti.
Si ritiene, ferma restando l’applicabilità dei disposti normativi alle aziende costituite in forma
societaria, di prestare particolare attenzione ad alcuni processi.
1) La tipologia dei reati societari
2) I processi interessati
3) I destinatari della parte speciale
4) Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5) Azioni di controllo
6) Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati societari
1) False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.), false comunicazioni sociali in danno dei soci o
dei creditori (art. 2622, co. 1 e 3, c.c.);
2) Impedito controllo (art. 2625, co. 2, c.c.);
3) Indebita restituzione di conferimenti (art. 2626 c.c.);
4) Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.);
5) Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.);
6) Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.);
7) Omessa comunicazione del conflitto d’interessi (art. 2629-bis c.c.);
8) Formazione fittizia del capitale (art. 2632 c.c.);
9) Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.);
10) Infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.)
11) Corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)
12) Illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.);
13) Aggiotaggio (art. 2637 c.c.);
14) Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, c.1 e
2, c.c.).
1) False comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.)
Tale reato si realizza nel momento in cui gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti
preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci o i liquidatori espongano
nei bilanci, nelle relazioni o in altre comunicazioni sociali previste dalla legge, rivolte ai soci
o al pubblico, fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, idonei a
indurre i destinatari in errore, con riferimento alla situazione economico patrimoniale o
finanziaria dell’Ente o del gruppo al quale lo stesso appartiene, ovvero omettano
informazioni, la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla medesima situazione in modo
idoneo ad indurre in errore i destinatari della predetta situazione.
La condotta deve essere rivolta a conseguire per sé o per gli altri un ingiusto profitto, le
informazioni false o omesse, inoltre devono essere rilevanti e tali da alterare sensibilmente la
rappresentazione della situazione economico patrimoniale finanziaria.
La responsabilità si ravvisa anche nell’ipotesi in cui le informazioni riguardino beni posseduti
o amministrati per conto di terzi.
False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (art. 2622, co. 1 e 3, c.c.)
Il reato si realizza nel caso in cui, a seguito della tenuta di una delle condotte previste dall’art.
2621 c.c., si cagioni un danno patrimoniale alla società ai soci o ai creditori.
Tale reato è procedibile a querela salvo che riguardi società quotate nel qual caso è
procedibile d’ufficio.
2) Impedito controllo (art. 2625, co. 2, c.c.)
Il reato consiste nell’impedire od ostacolare, mediante occultamento di documenti o altri
idonei artifici, lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai
soci, ad altri organi sociali, ovvero alle società di revisione.
La sanzione è più grave se la condotta ha cagionato un danno ai soci.
3) Indebita restituzione di conferimenti (art. 2626 c.c.)
Il reato si configura in caso di restituzione anche simulata da parte degli amministratori dei
conferimenti ai soci o la liberazione agli stessi dall’obbligo di eseguirli.
4) Illegale ripartizione degli utili e delle riserve (art. 2627 c.c.)
Tale condotta consiste nella ripartizione da parte degli amministratori di utili o di acconti
sugli utili non ancora effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero nella
ripartizione di riserve anche non costituite con utili, che non possono per legge essere
distribuite.
5) Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante (art. 2628 c.c.)
Il reato si perfeziona con l’acquisto o la sottoscrizione da parte degli amministratori di azioni
o quote sociali o della società controllante che cagioni una lesione all’integrità del capitale
sociale o delle riserve non distribuibili per legge.
6) Operazioni in pregiudizio dei creditori (art. 2629 c.c.)
Il reato si realizza con l’effettuazione da parte degli amministrati, ed in violazione delle
disposizioni di legge a tutela dei creditori, di riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra
società o scissioni che cagioni danni ai creditori.
7) Omessa comunicazione del conflitto d’interessi (art. 2628-bis c.c.)
La fattispecie si realizza quando l’amministratore o il membro del consiglio di
amministrazione di una società, con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro
Stato o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, non da notizia agli altri amministratori e al
collegio sindacale di ogni interesse che per conto proprio o di terzi abbia in una determinata
operazione della società precisandone la natura i termini l’origine e la portata.
Se il conflitto d’interessi riguarda un amministratore delegato egli deve altresì astenersi dal
compiere l’operazione investendo della stessa l’organo collegiale.
8) Formazione fittizia del capitale
Tale ipotesi si ha quando viene formato o aumentato fittiziamente il capitale della società
mediante attribuzione di azioni o quote sociali per somma inferiore al loro valore nominale;
vengono sottoscritte reciprocamente azioni o quote, vengono sopravvalutati i conferimenti di
beni in natura, i crediti ovvero il patrimonio della società in caso di trasformazione.
9) Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori (art. 2633 c.c.)
Il reato si perfeziona con la ripartizione da parte dei liquidatori dei beni sociali tra i soci prima
del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessarie a
soddisfarli.
10) Infedeltà patrimoniale (art. 2634 c.c.)
Tale fattispecie di reato si realizza si configura qualora gli amministratori, i direttori generali e
i liquidatori, con l’intento di ottenere per sé o per altri un indebito profitto, pongano in essere
atti di disposizione dei beni sociali che procurino un danno patrimoniale alla società.
11) Corruzione tra privati (art. 2635 c.c.)
Il reato si perfeziona con l’omissione di atti da parte di amministratori, direttori generali,
dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori con
l’intento degli stessi di ottenere per sé o per altri un indebito profitto (a seguito della dazione o
della promessa di denaro o altra utilità), cagionando un danno alla società.
12) Illecita influenza sull’assemblea (art. 2636 c.c.)
La condotta tipica prevede che con atti simulati o con frode da parte di chiunque si determini
una maggioranza in assemblea allo scopo di conseguire per sé o per gli altri un indebito
profitto.
13) Aggiotaggio (art. 2637 c.c.)
Il reato si concretizza con la diffusione di notizie false concretamente idonee a cagionare una
sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata
presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato.
14) Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638, c. 1
e 2, c.c.)
La condotta criminosa si realizza mediante l’esposizione, alle autorità di vigilanza previste
dalla legge al fine di ostacolarne le funzioni, di fatti materiali non rispondenti al vero
ancorché oggetto di valutazioni sulla situazione economico finanziaria patrimoniale dei
soggetti sottoposti alla vigilanza ovvero con l’occultamento di tutto o in parte di fatti che
avrebbero dovuto essere comunicati, concernenti la situazione medesima.
La L. 27 maggio 2015, n. 69 ha “reintrodotto” il reato sul falso in bilancio; ma non un reato
di danno, bensì di pericolo: non si dovrà provare di aver alterato il mercato o di aver prodotto
un danno alla società.
L’attuale norma prevede l’arresto fino a due anni per «gli amministratori, i direttori generali,
i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i
quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per
altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali
previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al
vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è
imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del
gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla
predetta situazione»
Il reato di false comunicazioni sociali è ridiventato delitto, procedibile d’ufficio, punito con
una sanzione da uno a cinque annise si tratta di società non quotate (art. 2621 c.c.) e da tre a
otto anni se le società incriminate sono quotate (art. 2622, che peraltro ha equiparato a
quest’ultime le società che «fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo
gestiscono»). Chi falsifica il bilancio di società quotate in borsa, rischia da 3 a 8 anni di
reclusione. Niente intercettazioni, dunque, previste per i reati con condanne sopra i 5 anni.
Sono state anche, per la verità, introdotte delle forme di falso in bilancio “attenuato” per fatti
di lieve entità (punibili a querela di parte), e delle ipotesi di non punibilità per particolare
tenuità del fatto. Per le piccole società che da codice civile non possono fallire è prevista la
procedibilità a querela di parte. I fatti di lieve entità sono puniti con il carcere da 6 mesi ai 3 anni; prevista, la non punibilità per particolare “tenuità del fatto”. Per tutti i tipi di società
salgono le sanzioni pecuniarie: i vertici rischiano di pagare dalle 200 alle 600 quote.
2. I processi interessati
Data la natura dei reati societari, si ritiene interessato l’intero processo di formazione del
bilancio d’esercizio.
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono gli Amministratori, il Direttore Generale, i
dipendenti amministrativi ed i professionisti.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi di reati societari. A tali regole dovranno attenersi tutti i destinatari, in
funzione del tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione. Sono richiesti in particolare la
conoscenza ed il rispetto del Modello e dei principi del Codice Etico.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
Al fine della prevenzione dei reati societari sono stati predisposti protocolli e procedure:
– Processo di formazione del bilancio d’esercizio
– Regolamento di contabilità
– Regolamento di cassa
– Protocollo di tracciabilità dei flussi finanziari
– Codice Etico
4.2 Misure da adottare
– Controllo di gestione
5 Azioni di controllo
– Verifiche a campione sulla corretta tenuta della contabilità
– Verifiche periodiche del Revisore dei Conti
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
Relazione all’OdV su difformità rispetto all’applicazione di procedure e protocolli.
PARTE SPECIALE
“PS04”
REATI CONTRO LA PERSONALITA’ INDIVIDUALE
I delitti contro la personalità individuale si prestano a numerose discussioni relativamente alla
tipologia d’utenza che afferisce ai servizi erogati. In particolare, per esempio, con riferimento
all’utilizzo dei mezzi di protezione e contenzione che potrebbero configurarsi quali elementi,
se abusati, di mantenimento in condizioni di asservimento e segregazione.
1) La tipologia dei reati contro la personalità individuale
2) I processi interessati
3) I destinatari della parte speciale
4) Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5) Azioni di controllo
6) Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati contro la personalità individuale
1) Riduzione o mantenimento in schiavitù (art. 600 c.p.)
2) Prostituzione minorile (art. 600-bis c.p.)
3) Pornografia minorile (art. 600-ter c.p.)
4) Detenzione di materiale pornografico (art. 600-quater c.p.)
5) Pornografia virtuale (art. 600-quater.1 c.p.)
6) Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (art.600-quinquies
c.p.)
7) Tratta di persone (art. 601 c.p.)
8) Acquisto e alienazione di schiavi (art. 602 c.p.)
9) Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (art. 22, comma 12-bis, del
D.Lgs. 286/98)
La fattispecie di reato si realizza quando qualcuno esercita su una persona poteri
corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero riduce o mantiene una persona in uno
stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero
all’accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento.
La riduzione o il mantenimento in stato di soggezione si verifica con azioni di violenza,
minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o
psichica o di una situazione di necessità o mediante promesse di denaro o privilegi.
Così come non è possibile escludere, come da notizie recenti passate dai media, l’eventualità
di detenzione di materiale pornografico piuttosto che la possibilità di filmare o fotografare i pazienti in atteggiamenti non tutelanti la dignità della persona e la possibilità di diffondere
tale documentazione su siti Internet.
2. I processi interessati
– Assunzione e trattamento normativo ed economico del personale
– Rapporti con i dipendenti
– Rapporti con gli ospiti
– Gestione dati personali sensibili
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono tutti i destinatari del Modello Organizzativo,
cioè dipendenti, medici, consulenti, liberi professionisti, fornitori.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi tali tipologie di reati. A tali regole dovranno attenersi tutti i destinatari,
in funzione al tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione. Sono richiesti in particolare la
conoscenza ed il rispetto del Modello Organizzativo e dei principi del Codice Etico.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
Al fine della prevenzione dei reati contro la personalità individuale sono stati predisposti
protocolli e procedure:
– Protocollo protezione
– Processo di selezione e assunzione del personale
– Codice Etico
4.2 Misure da adottare
– Regolamento sull’uso di materiale fotografico
5 Azioni di controllo
– Verifiche periodiche sulla corretta applicazione delle procedure
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
Relazione all’Organismo di Vigilanza su difformità rispetto all’applicazione di procedure e
protocolli.
PARTE SPECIALE
‘PS05’
REATI IN MATERIA DI TUTELA DELLA SICUREZZA E SALUTE DEI
LAVORATORI
1) Le tipologie dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commesse
con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25 septies
del Decreto);
2) Aree e processi a rischio
3) I destinatari
4) Misure preventive di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5) Azioni di controllo
6) Flussi verso l’Organismo di Vigilanza e controlli
1. Le tipologie di reati di omicidio colposo e lesioni gravi o gravissime, commesse con
violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro (art. 25-septies
del Decreto)
Si provvede di seguito a fornire una breve descrizione dei reati commessi in violazione delle
norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro indicati all’art. 25-septies del Decreto.
Tale articolo, originariamente introdotto dalla Legge 3 agosto 2007 n. 123, e successivamente
sostituito ai sensi dell’art. 300 del Decreto Sicurezza, prevede l’applicazione di sanzioni
pecuniarie ed interdittive agli Enti ove vengano commessi i reati di cui agli artt. 589 (omicidio
colposo) e 590 terzo comma (lesioni personali gravi o gravissime) del codice penale, in
violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
Le fattispecie delittuose inserite all’art. 25-septies riguardano unicamente le ipotesi in cui
l’evento sia stato determinato non già da colpa di tipo generico (e quindi per imperizia,
imprudenza o negligenza) bensì da “colpa specifica”, la quale richiede che l’evento si
verifichi a causa della inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
1) Omicidio colposo (art. 589 c.p.)
Il reato si configura ogni qualvolta la morte di un soggetto sia cagionata per colpa.
2) Lesioni personali colpose gravi o gravissime (art. 590, 3° comma c.p.)
Il reato si configura ogni qualvolta le lesioni gravi o gravissime siano cagionate per colpa, in
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 583 c.p., la lesione è considerata grave nei seguenti casi:
· se dal fatto derivi una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa,
ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un
tempo superiore a quaranta giorni;
· se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo.
· ai sensi del comma 2 dell’art. 583 c.p., la lesione è considerata, invece, gravissima, se
dal fatto deriva:
a) una malattia certamente o probabilmente insanabile;
b) la perdita di un senso;
c) la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la
perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una
permanente e grave difficoltà alla favella;
d) la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.
Per quanto riguarda la disciplina in materia infortunistica, nello specifico, è richiesta
l’osservanza non solo di tali norme, ma anche dell’art. 2087 c.c., laddove vengano omesse
quelle misure e quegli accorgimenti tali da consentire una più efficace tutela dell’integrità
fisica dei lavoratori.
L’art. 2087 del codice civile espressamente dispone:
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica
e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
2. Aree a rischio
In relazione ai reati ed alle condotte criminose sopra esplicitate, l’attività di analisi dei rischi è
stata effettuata sulla base della considerazione che, a differenza delle altre tipologie di reato
indicate dal Decreto, in tale ambito ciò che rileva è la mera inosservanza di norme poste a
tutela della salute e sicurezza dei lavoratori da cui discenda l’evento dannoso (morte o
lesione) e non l’elemento psicologico del dolo (coscienza e volontà del soggetto agente di
cagionare il suddetto evento).
Ne discende che non è possibile escludere aprioristicamente alcun ambito di attività poiché
tali reati potrebbero interessare la totalità delle componenti della Fondazione.
I reati oggetto della presente parte speciale potrebbero astrattamente essere commessi in tutti i
casi in cui vi sia, in seno all’azienda, una violazione degli obblighi e delle prescrizioni in
materia di salute e sicurezza sul lavoro.
La Fondazione ha provveduto ad adeguare il proprio sistema di tutela di sicurezza dei
lavoratori alla normativa più recente.
Per quanto concerne la stesura della presente parte speciale, la Fondazione ha adottato un
sistema di gestione della sicurezza conforme alla OHSAS 18001 e si impegna a mettere a disposizione risorse umane, strumentali ed economiche al fine di perseguire obiettivi di
miglioramento continuo della sicurezza e salute dei lavoratori.
3. I destinatari – Struttura organizzativa della Fondazione in materia di salute e
Sicurezza nei luoghi di lavoro
Con riferimento alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la Fondazione si
è dotata di una struttura organizzativa conforme a quanto richiesto dalla normativa vigente, al
fine di ridurre e gestire i rischi per i lavoratori.
Nell’ambito di tale struttura operano i soggetti di seguito indicati i quali sono anche i
“Destinatari” della presente parte speciale.
Il Datore di Lavoro
All’apice della struttura organizzativa aziendale si trova il Datore di Lavoro, inteso quale
soggetto titolare del rapporto di lavoro con i lavoratori ovvero quale soggetto responsabile
dell’organizzazione nel cui ambito i lavoratori prestano la propria attività, ovvero quella del
Responsabile dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.
Il Dirigente
Soggetto che, in ragione delle competenze professionali e di poteri, gerarchici e funzionali,
adeguati alla natura dell’incarico conferito, attua le direttive del Datore di Lavoro
organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa.
Il Preposto
Soggetto che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e
funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferito, sovrintende all’attività lavorativa e
garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte
dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.
Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
Nell’ambito della struttura organizzativa della Fondazione in materia di salute e di sicurezza
sul lavoro, è stato istituito il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, costituito dal
complesso di persone, sistemi e mezzi, esterni o interni all’azienda, finalizzati all’attività di
prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori.
In seno al servizio di protezione e protezione, il Datore di Lavoro ha provveduto, nel rispetto
di quanto previsto dalla normativa vigente, alla nomina di un Responsabile (RSPP) scelto tra i
soggetti in possesso delle capacità e dei requisiti professionali, previsti dalla normativa
vigente, e adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro con specifico riferimento
alle attività lavorative.
Addetto al primo soccorso
L’Addetto al primo soccorso è il soggetto cui sono assegnati compiti di primo soccorso ed
assistenza medica di emergenza.
Il Datore di Lavoro ha provveduto alla nomina degli addetti al primo soccorso.
Addetto alla prevenzione incendi
L’Addetto alla prevenzione incendi è il soggetto cui sono stati assegnati compiti connessi alla
prevenzione degli incendi ed alla gestione delle emergenze.
Il Datore di Lavoro ha provveduto alla nomina degli addetti antincendio.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
Il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è il soggetto, eletto o designato dai lavoratori,
che svolge le funzioni, ivi incluse quelle di verifica, consultazione e promozione, previste
dalla normativa vigente.
Medico Competente
Il Medico Competente è colui che collabora con il Datore di Lavoro ai fini della valutazione
dei rischi e della sorveglianza sanitaria, nonché per l’adempimento dei compiti ad esso
assegnati in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente.
Lavoratore
Persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa, in
regime di subordinazione, in seno alla struttura organizzativa della Fondazione.
Terzo destinatario
In aggiunta a quella dei soggetti sopra indicati, in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
assume rilevanza la posizione di quei soggetti che, pur essendo esterni rispetto alla struttura
organizzativa della Fondazione, svolgono un’attività potenzialmente incidente sulla salute e la
sicurezza dei lavoratori.
Devono considerarsi Terzi destinatari:
· i soggetti cui è affidato un lavoro in virtù di contratto d’appalto o d’opera o di
somministrazione (Appaltatori);
· i fabbricanti ed i fornitori;
· i progettisti di: luogo, posti di lavoro ed impianti;
· Gli installatori ed i montatori di impianti, attrezzature di lavoro o altri mezzi tecnici ;
In particolare, in ossequio alle disposizioni, la Fondazione, in via esemplificativa e non
esaustiva:
· Per ciò che concerne la selezione di Terzi:
– verifica l’idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori
autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto d’opera o di
somministrazione accertandosi dei requisiti di idoneità tecnico professionale;
· Per garantire la corretta esecuzione del rapporto:
– fornisce agli appaltatori, liberi professionisti ecc. dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell’ ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione
e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;
– coopera all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro
incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto;
– coordina gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
si attiva per la reciproca informativa anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze
tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva;
– promuove la cooperazione ed il coordinamento, elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile,
ridurre al minimo i rischi di interferenze.
· Per ciò che concerne la verifica dell’esecuzione della prestazione:
– effettua un primo monitoraggio mediante lo svolgimento del sopralluogo iniziale;
– effettua un monitoraggio continuo dei rischi mediante verifica da parte dei referenti
aziendali competenti per lo specifico ambito e flusso di informazioni con il RSPP.
4. Misure preventive di contenimento adottate e da adottare
4.1 Azioni adottate
a. Relativamente agli standard tecnico strutturali di legge relativi ad attrezzature, impianti,
luoghi di lavoro, documenti agli atti:
– Planimetrie della struttura
– Elenco attrezzature ed impianti presenti
– Certificato Prevenzione Incendi
– Dichiarazioni di conformità delle attrezzature, delle macchine e dichiarazione di
installazione a regola d’arte degli impianti presenti
– Registro di manutenzione programmata delle attrezzature, delle macchine e degli impianti
presenti
b. Relativamente all’attività di valutazione dei rischi e predisposizione delle misure di
prevenzione e protezione, documenti agli atti:
– Verifica dei metodi di lavoro e delle procedure operative
– Documento Valutazione Rischi (D.V.R.)
– Documento valutazione rischi gestanti (integrato nel D.V.R. per ciascuna mansione)
– Piano di Emergenza ed evacuazione
– Processo “Sicurezza”
c. Relativamente alle attività di natura organizzativa, documenti agli atti:
– Nomina RSPP
– Nomina Medico Competente
– Nomina Preposti
– Nomina Addetti antincendio e pronto soccorso
– Verbali riunioni periodiche
– Verbali prove evacuazione
d. Relativamente all’attività di sorveglianza sanitaria, documenti agli atti:
– Relazioni annuali sullo stato delle attività di sorveglianza sanitaria in struttura
e. Relativamente alle attività di formazione ed informazione dei lavoratori, documenti agli
atti:
– Formazione del personale
– Attestati di frequenza a corsi di formazione ed aggiornamento RSPP, RLS, Preposti,
Addetto antincendio ed Addetto pronto soccorso
– Collaborazione tra RSPP e Direttore Sanitario ai fini del controllo del rispetto delle norme
di sicurezza
– Attestati corsi di formazione ed aggiornamento per i dipendenti
– Registro formazione dei dipendenti
4.2 Azioni da adottare:
– Predisposizione di un piano formativo continuo in materia di sicurezza
– Effettuare verifiche, ispezioni ed audit atti a verificare e prevenire eventuali situazioni di
non conformità
5. Azioni di controllo
– Verifica sui corretti adempimenti previsti dal processo “sicurezza” (revisione ed
aggiornamento D.V.R. ed altri documenti, registri)
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza e controlli
L’Organismo di Vigilanza svolge un’attività di monitoraggio sul Modello con riferimento alla
salute ed alla sicurezza che deve essere, in ogni caso, differenziata e comunque preceduta
dall’attività di monitoraggio svolta dalle funzioni competenti all’interno della Fondazione.
In particolare l’OdV deve:
· esaminare le segnalazioni, non riscontrate tempestivamente dai soggetti competenti,
concernenti eventuali deficienze o inadeguatezze dei luoghi, delle attrezzature di
lavoro, ovvero dei dispositivi di protezione messi a disposizione della Fondazione,
ovvero riguardanti una situazione di pericolo connesso alla salute ed alla sicurezza sul
lavoro;
· monitorare la funzionalità del complessivo sistema preventivo adottato dalla
Fondazione con riferimento al settore della salute e della sicurezza sul lavoro.
All’Organismo di Vigilanza deve essere inviata copia della seguente reportistica:
– Infortuni avvenuti;
– Modifica D.V.R.;
– Criticità e rilievi emersi nel corso dell’attività di monitoraggio degli aspetti infortunistici;
– Piano di miglioramento della sicurezza;
– Formazione del personale in materia di sicurezza;
– Piani di miglioramento e relative spese effettuate.
L’Organismo deve comunicare al Consiglio di Amministrazione i risultati della propria
attività di controllo, prevedendo se necessario un incontro annuale con il servizio di
prevenzione e protezione.
PARTE SPECIALE
“PS06”
DELITTI INFORMATICI E TRATTAMENTO ILLECITO DI DATI
Tutte le aziende per la tipologia dei servizi resi e gli obblighi derivanti dalla conduzione
dell’attività devono necessariamente fare uso di strumenti informatici con collegamenti a link
protetti e riservati.
La responsabilità dell’azienda è imputata anche nell’ipotesi in cui non venga rintracciato
l’autore del reato con la difficoltà pertanto di individuare le motivazioni e di dare prova che il
soggetto abbia agito a fini esclusivamente personali e non nell’interesse dell’Ente.
1) La tipologia dei delitti informatici e trattamento illecito di dati
2) I processi interessati
3) I destinatari della parte speciale
4) Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5) Azioni di controllo
6) Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati contro la personalità individuale
1) Falsità in un documento informatico pubblico o privato avente efficacia probatoria (art.
491-bis c.p.)
2) Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.)
3) Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici
(art. 615-quater c.p.)
4) Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o
interrompere un sistema informatico o telematico (art. 615-quinquies c.p.)
5) Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o
telematiche (art. 617-quater c.p.)
6) Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere
comunicazioni informatiche o telematiche (art. 617-quinquies c.p.)
7) Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (art. 635-bis c.p.)
8) Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da
altro Ente pubblico o comunque di pubblica utilità (art. 635-ter c.p.)
9) Danneggiamento di sistemi informatici o telematici (art. 635-quater c.p.)
10) Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (art. 635-quinquies
c.p.)
11) Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica
(art. 640-quinquies c.p.)
2. I processi interessati
– Gestione database
– Installazione di software di terze parti per qualsiasi funzione
– Gestione fascicolo sanitario elettronico
– Utilizzo strumenti informatici in generale
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono tutti i destinatari del Modello Organizzativo, ed
in particolare tutti i soggetti che hanno accesso diretto alle procedure informatiche.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi di reati informatici. A tali regole dovranno attenersi tutti i destinatari, in
funzione al tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione. Sono richiesti in particolare la
conoscenza ed il rispetto del Modello e dei principi del Codice Etico.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
Al fine della prevenzione dei reati contro la personalità individuale sono stati predisposti
protocolli e procedure:
– Processo gestione privacy
– Regolamento per la protezione dei dati
– Nomina Responsabile ICT
– Antivirus
– Codice Etico
4.2 Misure da adottare
– Codice di comportamento informatico
– Installazione firewall
5 Azioni di controllo
– Verifiche a campione
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
Relazione all’Organismo di Vigilanza sul sistema di sicurezza informatica.
PARTE SPECIALE
“PS07”
REATI AMBIENTALI
Il rischio di accadimento di reati ambientali è pressoché nullo per la Fondazione, si ritiene
comunque di considerare il rischio astratto collegato allo smaltimento dei rifiuti.
1) La tipologia dei reati ambientali
2) I processi interessati
3) I destinatari della parte speciale
4) Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5) Azioni di controllo
6) Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati ambientali
1) Reati previsti dal Codice penale:
– Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o
vegetali selvatiche protette (art. 727-bis c.p.)
– Distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto (art. 733-bis c.p.)
2) Reati previsti dal Codice dell’Ambiente di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152:
– Inquinamento idrico (art. 137):
a) scarico non autorizzato (autorizzazione assente, sospesa o revocata) di acque reflue
industriali contenenti sostanze pericolose (c. 2);
b) scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose in violazione delle
prescrizioni imposte con l’autorizzazione o da autorità competenti (c. 3);
c) scarico di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose in violazione dei limiti
tabellari o dei limiti più restrittivi fissati da Regioni o Province autonome o dall’Autorità
competente (c. 5, primo e secondo periodo);
d) violazione dei divieti di scarico sul suolo, nelle acque sotterranee e nel sottosuolo (c.
11);
e) scarico in mare da parte di navi o aeromobili di sostanze o materiali di cui è vietato lo
sversamento, salvo in quantità minime e autorizzato da autorità competente (c.13);
3) Gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256):
– Raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti, non
pericolosi e pericolosi, in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o
comunicazione (art. 256, c. 1, lett. a) e b);
– Realizzazione o gestione di una discarica non autorizzata (art. 256, c. 3, primo periodo);
– Realizzazione o gestione di discarica non autorizzata destinata, anche in parte, allo
smaltimento di rifiuti pericolosi (art. 256, c. 3, secondo periodo);
– Attività non consentite di miscelazione di rifiuti (art. 256, co. 5);
– Deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi (art.256, c.
6);
4) Siti contaminati (art. 257):
– Inquinamento del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e delle acque sotterranee
con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio (sempre che non si provveda a
bonifica, in conformità al progetto approvato dall’autorità competente) e omissione della
relativa comunicazione agli enti competenti (c. 1 e 2). La condotta di inquinamento di cui
al c. 2 è aggravata dall’utilizzo di sostanze pericolose;
5) Falsificazioni e utilizzo di certificati di analisi di rifiuti falsi (artt. 258 e 260-bis):
– Predisposizione di un certificato di analisi dei rifiuti falso (per quanto riguarda le
informazioni relative a natura, composizione e caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti) e
uso di un certificato falso durante il trasporto (art. 258, c. 4, secondo periodo);
– Predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti falso, utilizzato nell’ambito del
sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI; inserimento di un certificato
falso nei dati da fornire ai fini della tracciabilità dei rifiuti (art. 260-bis, c. 6);
– Trasporto di rifiuti pericolosi senza copia cartacea della scheda SISTRI – Area
movimentazione o del certificato analitico dei rifiuti, nonché uso di un certificato di analisi
contenente false indicazioni circa i rifiuti trasportati in ambito SISTRI (art. 260-bis, c. 6 e
7, secondo e terzo periodo);
– Trasporto di rifiuti con copia cartacea della scheda SISTRI – Area movimentazione
fraudolentemente alterata (art. 260-bis, c. 8, primo e secondo periodo). La condotta di cui
al c. 8, secondo periodo, è aggravata se riguarda rifiuti pericolosi;
6) Traffico illecito di rifiuti (artt. 259 e 260):
– Spedizione di rifiuti costituente traffico illecito (art. 259, c. 1). La condotta è aggravata se
riguarda rifiuti pericolosi;
-Attività organizzate, mediante più operazioni e allestimento di mezzi e attività
continuative, per il traffico illecito di rifiuti (art. 260). Delitto, caratterizzato da dolo
specifico di ingiusto profitto e pluralità di condotte rilevanti (cessione, ricezione, trasporto,
esportazione, importazione o gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti). La pena è
aggravata in caso di rifiuti ad alta radioattività (c. 2);
7) Inquinamento atmosferico (art. 279):
-Violazione, nell’esercizio di uno stabilimento, dei valori limite di emissione o delle
prescrizioni stabiliti dall’autorizzazione, dai piani e programmi o dalla normativa, ovvero
dall’autorità competente, che determini anche il superamento dei valori limite di qualità
dell’aria previsti dalla vigente normativa (c. 5);
8) Reati previsti dalla Legge 7 febbraio 1992, n. 150 in materia di commercio internazionale
di esemplari di flora e fauna in via di estinzione e detenzione di animali pericolosi:
– Importazione, esportazione, trasporto e utilizzo illeciti di specie animali (in assenza di valido certificato o licenza, o in contrasto con le prescrizioni dettate da tali provvedimenti);
detenzione, utilizzo per scopi di lucro, acquisto, vendita ed esposizione per la vendita o per
fini commerciali di esemplari senza la prescritta documentazione; commercio illecito di
piante riprodotte artificialmente (art. 1 c. 1 e 2 e art. 2 c. 1 e 2). Le condotte di cui agli artt.
1 c. 2, e 2 c. 2, sono aggravate nel caso di recidiva e di reato commesso nell’esercizio di attività di impresa;
– Falsificazione o alterazione di certificati e licenze; notifiche, comunicazioni o dichiarazioni false o alterate al fine di acquisire un certificato o una licenza; uso di certificati e licenze falsi o alterati per l’importazione di animali (art. 3-bis, co. 1);
– Detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica o riprodotti in
cattività, che costituiscano pericolo per la salute e per l’incolumità pubblica (art. 6, co. 4);
9) Reati previsti dalla Legge 28 dicembre 1993, n. 549, in materia di tutela dell’ozono
stratosferico e dell’ambiente:
– Inquinamento dell’ozono: violazione delle disposizioni che prevedono la cessazione e la
riduzione dell’impiego (produzione, utilizzazione, commercializzazione, importazione ed
esportazione) di sostanze nocive per lo strato di ozono (art.3 c. 6);
10) Reati previsti dal D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 202, in materia d’inquinamento
dell’ambiente marino provocato da navi:
– sversamento colposo in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 9, c. 1 e 2);
– sversamento doloso in mare da navi di sostanze inquinanti (art. 8, c. 1 e 2).
La L. 22 maggio 2015, n. 68, riguardante “Disposizioni in materia di delitti contro
l’ambiente”, ha inserito nel Codice Penale un nuovo Titolo, VI-bis, dedicato ai delitti contro
l’ambiente all’interno del quale sono stati previsti tre nuovi reati:
· 452-bis c.p. Inquinamento ambientale. Tale reato punisce chi abusivamente cagiona
una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile: delle acque o
dell’aria, di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo nonché di un ecosistema, della biodiversità anche agraria, della flora o della fauna. Tale reato prevede
la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da euro 10.000 a euro 100.000 e la pena è aumentata quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a
vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.
· 452-quater c.p. Disastro ambientale. Tale reato si ravvisa se si provoca l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema o se l’eliminazione delle conseguenze nocive risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali
o se si offende la pubblica incolumità. Tale reato prevede la reclusione da 5 a 15 anni
e la pena è aumentata quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sotto-posta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette
· 452-sexies c.p. Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività. Tale reato
punisce chi abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura
ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta
radioattività. Tale reato prevede la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da euro 10.000 a
euro 50.000 e la pena è aumentata se vi è pericolo di deterioramento o compromissione di acque, aria, suolo, sottosuolo o di un ecosistema nonché se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l’incolumità delle persone.
La legge prevede, inoltre, il raddoppio dei termini per la prescrizione e specifiche aggravanti:
una per mafia, nel caso in cui i delitti contro l’ambiente vengano commessi nel contesto
dell’attività criminale organizzata e l’altra ambientale, che si realizza quando reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti contro l’ambiente.
È altresì prevista la confisca, anche per equivalente, del prodotto o profitto del reato. Tale misura è esclusa quando l’imputato ha efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove
necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.
La legge ha previsto ipotesi deflattive in caso di delitti colposi (art. 452-quinquies CP), nelle
ipotesi contravvenzionali che non hanno provocato danno o pericolo ed in caso di ravvedimento operoso che comporta una diminuzione della pena dalla metà ai due terzi nei confronti
di chi si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori o
provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino
dello stato dei luoghi.
Le pene vengono diminuite da un terzo alla metà anche nei confronti di chi aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto,
nell’individuazione degli autori del reato o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.
2. I processi interessati
– Smaltimento dei rifiuti
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono tutti i destinatari del Modello organizzativo,
con particolare riferimento ai soggetti che si occupano dello smaltimento dei rifiuti speciali.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi di reati ambientali. A tali regole dovranno attenersi tutti i destinatari, in
funzione al tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione. Sono richiesti in particolare la
conoscenza ed il rispetto del Modello e dei principi del Codice Etico.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
Al fine della prevenzione dei reati sono stati predisposti protocolli e procedure:
– Procedura per lo smaltimento rifiuti
4.2 Misure da adottare
Al momento non si ritiene di dovere adottare ulteriori misure.
5. Azioni di controllo
– Verifiche a campione sugli adempimenti del protocollo
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
Relazione all’Organismo di Vigilanza sulle attività svolte.
REATI CONTRO LA DONNA
I reati descritti di seguito hanno come presupposto la mutilazione degli organi genitali
femminili.
1. La tipologia dei reati
2. I processi interessati
3. I destinatari della parte speciale
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
4.2 Misure da adottare
5. Azioni di controllo
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
1. La tipologia dei reati
1) Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (art. 583-bis c.p.).
L’art. 583-bis c.p. mira a prevenire il pericolo che persone (di sesso femminile), in assenza di
esigenze terapeutiche, subiscano la mutilazione dei propri organi genitali.
Ai fini del presente articolo s’intendono, come pratiche di mutilazione, la clitoridectomia,
l’escussione, l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.
2. I processi interessati
Data la tipologia di reato i processi interessati sono, principalmente, quelli relativi ai rapporti
tra i pazienti ed il personale medico.
3. I destinatari della parte speciale
I destinatari della presente parte speciale sono tutti i destinatari del Modello Organizzativo,
cioè dipendenti, medici, consulenti, liberi professionisti, con particolare riferimento ai
soggetti che operano nell’area sanitaria.
L’obiettivo della parte speciale è istituire regole di condotta finalizzate a prevenire ed
impedire il verificarsi tali tipologie di reati. A tali regole dovranno attenersi tutti i destinatari,
in funzione al tipo di rapporto intrattenuto con la Fondazione. Sono richiesti in particolare la
conoscenza ed il rispetto del Modello Organizzativo e dei principi del Codice Etico.
4. Misure di contenimento adottate e da adottare
4.1 Misure adottate
– Codice Etico
– Formazione del personale
– Indicazione nelle cartelle cliniche degli interventi effettuati e delle motivazioni
– Consenso scritto degli ospiti per le pratiche di tale tipologia
– Fornitura di copia della documentazione agli aventi diritto
4.2 Misure da adottare
Al momento non si ritiene di dovere adottare ulteriori misure.
5 Azioni di controllo
– Supervisione da parte del Direttore Sanitario
6. Flussi verso l’Organismo di Vigilanza
L’Organismo deve comunicare al Consiglio di Amministrazione i risultati della propria
attività di controllo, prevedendo se necessario un incontro annuale con il servizio di
prevenzione e protezione.
Modello organizzativo
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